domenica 15 luglio 2012

Consolidare è meglio che tassare

Quando i tassi a breve superano quelli a lungo termine, è chiaro che si ritiene l’Italia prossima al fallimento – il neo ministro Grilli lo dice con la singolare freddezza del burocrate, ma è quanto è successo fino all’altro ieri e succederà domani. Questo non è possibile e non è vero. Ma è quello che le agenzie di rating e i loro clienti, le banche e i fondi (pensione, sovrani, d’investimento, hedge), che operano in automatico coi giudizi della agenzie, sono impostate a ritenere. Il costo del servizio del debito sale così da circa 50 a 80 miliardi di euro l’anno, e oltre. Da qui l’insulsaggine delle manovre di rientro, che soffocano l’economia e ogni pochi mesi vanno ripetute. Bisogna invece procedere con un abbattimento del debito e una riduzione del suo costo.
Il circolo vizioso si rompe ristabilendo la fiducia internazionale, si dice. È vero ma in parte. E la fiducia non si ristabilisce riunendosi con Hollande o Merkel, governanti di nessuno spessore. Né accusando le agenzie di rating di conflitto d’interessi. Che c’è, le agenzie lavorano per le banche e i fondi, ma è ininfluenzabile. La fiducia va ristabilita principalmente in proprio.
L’abbattimento del debito andava fatto prima dell’adesione all’euro. Adesso è più complicato, ma ha tre ottime vie per riuscire: la riduzione della spesa, con una buona legge anti-corruzione (gli appalti pubblici che raddoppiano e triplicano di costo in corso d’opera), la valorizzazione del patrimonio pubblico, e una forma di consolidamento con nuove emissioni, più o meno forzose, a carico dei detentori italiani del debito. Che pagheranno caro, ma pagheranno una volta per tutte e non ogni sei mesi, ogni volta più caro.

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