Il complotto c’è ma è, again, il mercato. Questo mercato. Gestito senza smagliature da Wall Street e Londra – con abilità anche, se i suoi portavoce, l’“Economist” e il “Financial Times”, fanno autorità morale in Italia. L’accordo sul Libor, il tasso interbancario che si definisce a Londra (London Interbank Offered Rate), tra le grandi banche anglosassoni, con la cooptazione di Deutsche Bank e di un paio di banche svizzere, era esteso alla Bank of England e alla Federal Reserve. Era cioè - è - sistemico. Anche se, per qualche concorrente più piccolo o meno abile, omertoso.
Che i titoli del debito italiano siano spazzatura nessuno può crederlo. Ma Moody’s lo sostiene con un fine preciso e anche, a suo modo, dichiarato: tenere l’euro terremotato. E lo ottiene: il declassamento del debito impone ai grandi investitori, banche e fondi, di disfarsi dei titoli italiani, in automatico. Dopo la Grecia ci voleva un altro “pig”, un cinghiale da puntare. Doveva essere la Spagna. Ma lo spirito di nazione in Spagna resta forte. L’attacco è quindi partito, con costanza da quasi un anno ormai, contro l’Italia, frammentata e instabile – la “sindrome milanese”, ormai ventennale. Con la “complicità” della autorità tedesche, coè con la loro stupidità. Sotto forma di rigidezza, di moralità, di ordine, tutto quello che si vuole, ma stupida: finanziariamente, economicamente e politicamente.
Wall Street e Londra non hanno un pregiudizio contro l’euro, non che si veda. Ma poiché l’euro è debole e mal fatto, trovano comodo lavorarci contro. Sullo sfondo peraltro di una solida sintonia politica, questa sì molto anglosassone, tra Washington e Londra contro l’Unione Europea e la “fortezza Europa”: l’Unione andava bene fino alla caduta del Muro, in funzione antisovietica, ma successivamente, e in coincidenza con la creazione dell’euro, l’Europa è diventata un incomodo. Non temuto – sono gli organi della City a spiegarlo - poiché ha pretese superiori alle sue realtà. E quindi di agevole contrasto, se non di assalto o rapina.
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