domenica 1 luglio 2012

Il mondo com'è - 100

astolfo

Capitale - Nel 1976, nel pieno di una crisi ben più grave di quella odierna, la Fiat sottoscrisse con Lama, Carniti e Benvenuto, i leader sindacali, un accordo per “nuovi indirizzi” nel Mezzogiorno. Smettendo le riunioni al buio e le guerre lampo al sindacato, la Fiat scopriva il Nuovo Modello di Sviluppo: padroni e lavoratori diventavano beni nazionali e insieme si facevano mantenere dallo Stato, chi più, il padrone molto, chi meno. Si può dire il capitale la fenice che rinasce, niente lo vieta, e la crisi una resurrezione, Briareo dalle cento braccia, Laocoonte e i serpenti insieme, i miti non difettano.

La globalizzazione non è una guerra perduta, ma il cambiamento fa lo stesso radicale.

“Il capitale non conosce patria né frontiera, né colore, razza, età, sesso”, questo l’ha già detto un secolo e mezzo fa, anno più anno meno, Lafargue a Londra, il genero di Marx, a congresso coi grandi d’Europa. Anche allora s’organizzavano congressi bi e trilaterali e leghe del capitale. Sempre per il motivo che le cose non vanno. Che non contraddice l’onnipotenza del capitale, una piccola sfortuna è necessaria per ristabilire la grazia: bisogna ridare al popolo ogni tanto la fede nel “solo Dio internazionale, il Dio universale”. Cora Pearl presiedeva a Londra, la quale sosterrà nelle memorie d’aver “pompato con labbra insaziabili l’onore di mezza Europa”, tra il principe di Galles e il legato del papa.

Federico Il Grande – Si festeggia a Berlino Federico II di Prussia per i tre secoli della nscita, il creatore della Germania contemporanea. Nel Neues Palais di Potsdam che Federico fece costruire molto grande e ricco a coronamento della Guerra dei Sette Anni e del ruolo preminente che la Prussia vi aveva acquisito sugli altri principati tedeschi. Dentro il palazzo è però un’accozzaglia di oggetti e bibelots, che non documentano nulla – forse la confusione, di giudizio e di gusto, di questa Germania sassone, post-renana. Sarebbe bastato leggere Thomas Mann, il ritratto che ne ha abbozzato (“Federico il grande”) per dare un taglio alla mostra, dare una idea vera del personaggio, seppure necessariamente incompleta. Federico fu infatti personaggio complesso per molti aspetti.
Gli si fa credito dell’invenzione dell’arte militare. Fu Federico, sopravvissuto a suo padre per segno manifesto del destino, ai calci e alle torture, a introdurre la rapidità delle marce e dello schieramento nell’arte militare, nonché l’onore della stessa. Prima lo stratega era uno fortunato. Ma personalmente seppe sempre, anche per esperienza, che le cose non vengono del tutto bene in battaglia, né proprio male.

Thomas Mann lo racconta disperato tra le sue continue guerre. E sarà la sua vera croce. Inventò per liberarsene i Corpi franchi, irregolari, volontari – che gli inglesi al solito copieranno, in Calabria e in Spagna, nelle guerre contro Napoleone. Mentre la Germania irriconoscente gli preparava una Norimberga: dichiarato ribelle all’imperatore, se mai fosse stato catturato, sarebbe stato giustiziato. Lo stesso Mann, però, pur proponendosi di penetrare l’arcano del Grande di Prussia, ne evita l’evidenza: c’è un germanesimo che si sente mancare senza la caserma - anche il romanticismo, che si dice legato alla libertà: è solo un arabesco per infiocchettare il tempo della durezza, quando la libertà è nei cuori ma non nelle leggi.

Che pensava Federico nelle lunghe veglie delle battaglie che infaticabile dava? Thomas Mann non lo sa, ma tutti lo sanno: voleva morire. Giunto al trono per prima cosa decriminalizzò il suicidio. Il resto della vita passò i pomeriggi a scrivere poesie. Per una trentina d’anni le mandò a Voltaire per farsele revisionare, poiché scriveva in francese.

Intellettuali - L’intellettuale non ha più potere, ma mai è stato tanto conformista. “La scrittura altera la lingua”, insiste Rousseau. L’avvilisce? Rousseau, uno “nel quale la coscienza non era l’elemento dominante”, dice Proudhon. Per fortuna?

Marx, che solo Lenin ha letto, alcune brossure, e ha applicato, voleva un partito di tiratori scelti. Intellettuali, ma abili a infilarsi tra le pieghe della storia, a mimetizzarsi e scardinarla, inafferrabili ninja. Per fare ciò che non c’è scritto in Marx, solo Colletti e Althusser a un certo punto l’hanno saputo: la dittatura del proletariato.

Islam – Le donne vi sono velate ma non rassegnate. Sono anzi la forza determinante dell’islamismo integrale, al Cairo come già a Teheran. Scomposte anche, nel linguaggio e nella gestualità. Attive, a anzi in prima linea, in piazza, anche giovani.

Nell’intervista a “Yedioth Ahronot” il 25 giugno, Beppe Grilo, che ha sposato nel 1996 un’iraniana, scopre una verità: “Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia”. Religiosi e regimi restano maschilisti, gli ayatollah come i talebani. Con la poligamia e il ripudio a senso unico,. Ma nelle primavere arabe, come già in quella iraniana di Khomeini, sono state le donne in prima fila, forza d’urto e massa di manovra. Le nutrici dei martiri. Del mezzo milione di morti nella guerra con l’Iraq come dei kamikaze. Maryam Rajavì, la leader dei Mujahiddin del Popolo, il principale gruppo d’opposizione agli ayatollah, è pia mussulmana, le donne del movimento sono ipervelate e non contestano la sharià.

Occidente - Con Tucidide nasce l’Occidente – la storia, la politica, la retorica, i diritti fondamentali – in un susseguirsi di guerre tribali, astiose, spietate, ipocrite, e di tradimenti senza fine. La differenza con l’Africa odierna è che ad Atene si scriveva, Tucidide sapeva scrivere. Tutti tradiscono tutti, a Sparta come a Atene. E Tucidide, ateniese e democratico, parteggia per Sparta, surrettiziamente. E non è tutto. La democrazia ateniese era imperialista, sugli schiavi e con la flotta - di cui Tucidide-Senofonte fa teorizzare l’uso imperialista nella guerra di Sicilia. Ed era una democrazia che non aveva amici, così Tucidide subdolo la rappresenta, né estimatori, solo popoli sottomessi e ribelli.
La perfidia di Tucidide è scoperta. Al punto che non si capisce come mai gli spartani, che sconfiggono sempre Atene, non vincono mai – erano ritardati? Fatte le somme, si combattono in tanti, fra città, isole, paesi e paeselli della Grecia, che nemmeno la popolazione attuale, tre milioni di greci maschi tra i 15 e i 60 anni, sarebbero bastati. Il dialogo fra gli ateniesi e i melii, assurto a chiave dell’opera, e della scienza politica da Atene a Washington, sembra alla Campanile – la perfidia sconfina nella stupidità. Alcibiade per converso, che tutto perse, è “bello-e-buono”, solo troppo ricco.

Prussia - L’ostilità fra Germania e Inghilterra che fece grande la Prussia prima delle guerre napoleoniche, iniziò con l’inizio della Germania, il reggimento dei granatieri di Prussia. Gli Heiduk di almeno sei piedi di altezza, al cui reclutamento Federico Guglielmo I mobilitò fin da ragazzo i sovrani d’Europa. Era il suo “canale delle grazie”, racconta la figlia: “Bastava procurare al re soldati alti per ottenerne quello che si voleva”. La regina, la moglie di Federico Guglielmo, aveva ottenuto dal padre, l’elettore di Hannover e re d’Inghilterra Giorgio I, che Hannover ne fornisse alcuni. Ma Giorgio I se ne dimenticò, il re di Prussia ordinò all’esercito di sequestrare tutti i giovani alti dell’elettorato di Hannover, e fu la guerra tra suocero e genero.
La figlia del re d’Inghilterra, Sofia Dorotea, continuò a fare un figlio l’anno al re di Prussia, uno ogni due quando litigavano. La loro figlia Federica Sofia Guglielmina venne fidanzata al duca di Gloucester, nipote di Giorgio I, secondo nella linea di successione. Ma le cose non furono più come avrebbero potuto essere. Giorgio I s’era occupato amorevolmente di Federico Guglielmo bambino, quando il padre di questi, Federico I, s’era rifugiato a Hannover al riparo dalla perfidia dell’elettrice Dorotea sua suocera. Solo un anno prima dell’incidente di Hannover i due re avevano concluso un trattato di alleanza a Charlottenburg. Ma l’imperatore d’Austria fu lesto a prendere il cuore del re di Prussia, assicurandogli gli Heiduk del suo paese, e anche quelli d’Ungheria, e nacque la teutonicità, invece del fronte sassone.
Il re di Prussia diventò valetudinario e irascibile, coltivato nella depressione dal reverendo Francke, il famoso pietista, e la teutonicità nacque con un carattere aggressivo.

astolfo@antiit.eu

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