Lo scandalo più grosso è senz’altro legato agli appalti (v. blog precedente). Ma sui giornali, e sui banchi in libreria, gli appalti non esistono. Più pagine e più libri indignati sono dedicati, nell’ordine, a: 1) Berlusconi, 2) le mafie, 3) la politica, 4) la giustizia. Una classifica immutata da una dozzina d’anni, anche ora che Berlusconi non è più al governo. In edizione sono una sessantina di libri contro Berlusconi, una quarantina sulle mafie (e più sulla più grigia di esse, la ‘ndrangheta), una dozzina sulla “casta”, una mezza dozzina sulla malagiustizia. Ma è come se l’indignazione scacciasse l’informazione, la corretta valutazione delle cose. In troppi casi e con troppa costanza per farlo ingenuamente.
L’opinione pubblica è fenomeno complesso. È solitamente accrescitiva, tende ad ampliare i fenomeni che le si impongono giorno per giorno: questo o quel paese canaglia, l’evasore fiscale, il cardinale Bertone, la malasanità (sempre pubblica). Ma in questo tradisce la sua funzione, se essa dev’essere critica e non commerciale. E finisce parte dell’ingranaggio (il potere) che essa è nata invece per decrittare: capire, scegliere, decidere.
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