Luzi e Sereni soffrono i galli, che sentono cantare all’alba vicino all’albergo. E non mangiano, soffrono la cucina cinese. Malerba tace e non vede, non che si veda. Arbasino minaccia sempre di pagarsi il viaggio da sé. Tutt’e quattro però si sorbettano ogni giorno estenuanti sedute con delegazioni di letterati cinesi, ai qual rappresentano lo stato delle lettere in Italia e dai quali si fanno rappresentare lo stato delle lettere in Cina. Dopo un preambolo di invettive contro la Banda dei Quattro. L’evento si produce durante il processo alla Banda, col trionfo di Deng, il padre della nuova Cina.
La Cina è anch’essa remota. I cinesi sono molto interessati e non la smettono mai. Loro conoscono soprattutto “Spartaco” di Giovagnoli (Raffaello, garibaldino). C sono ancora i negozi dell’Amicizia, per straniera, in valuta, dove poter comprare qualche ricordino. Gli alberghi si chiamano della Serenità. I letterati sono tutti per il bene del popolo e il progresso. Con comitati dì accoglienza, fiori, delegazioni, eccetera. E si firmano protocolli: per gli scambi culturali, per il progresso delle arti e le scienze, eccetera.
Periodicamente i letterati italiani erano convitati fino al 1980 a visitare la Cina. Il primo viaggio fu nel 1955, la delegazione fu la più nutrita. L’ultimo è questo del 1980. Dopo ogni viaggio, singolo o in delegazione, che durava una o due settimane, anche tre, i viaggiatori scrivevano libri. Una sorta di genere, dell’improntitudine. I primi si leggono con raccapriccio, Banfi, Fortini, Macciocchi, dal 1956 in poi. Quelli del 1983-84, sul viaggio del sindacato nazionale scrittori del 1980, si può dire che coronano un ciclo. Volponi e Calvino, anche loro invitati, si defilarono, ma non si può dire a loro lode, lo fecero per ortodossia di partito, il Pci era con l’Urss contro la Cina. Mario Luzi coronò il viaggio nel 1984, dopo riflessione, con un “Taccuino di viaggio in Cina” cui premise un commosso poemetto, “Reportage”. Malerba si produsse nel 1985 in uno scarno libretto “Cina, Cina”, di frasi fatte. Vittorio Sereni lasciò inedite le note di “Viaggio in Cina”, Solo Arbasino, che aveva viaggiato a lungo in Asia prima che in Cina, scrisse qualcosa di meno approssimato, in “Trans-Pacific Express”: i “segni sono tutti diversi, le forme non coincidono, i nostri strumenti non funzionano né combaciano”. Ma, alla rilettura, anch’egli eccezionalmente noioso (ripetitivo): sembra che anticipi l linguaggio leghista, un provincialismo di ritorno in quegli anni cosmopoliti. Sereni è valetudinario. E, per così dire, ingenuo – “Canton mi ricorda molto Tashkent”. A un certo punto ha “il sospetto” che il processo alla Banda dei Quattro “sia manovrato”. Sereni e Luzi non sopportano Arbasino – sarà la parte più vivace dei loro ricordi.
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