In una collana di filosofia dello svago (il feuilleton, i Wu Ming, “Sex & the City”, Harry Potter, la chirurgia estetica), e con una bibliografia troppo francese, un tema e una trattazione per molti aspetti eccezionali. Nella Roma di Cicerone la fedeltà era la virtù massima e un obbligo di legge. Nella filosofia no. La fedeltà porta, nel suo duplice senso, a concetti gravi ma disusati. In senso attivo, come adempimento degli obblighi sottoscritti, conduce a lealtà, sincerità onore. In senso passivo, dell’affidabilità o costanza di temperamento e passioni, alla coerenza, e perfino a un impegno costruttivo, a “una sorta di interruzione del tempo”, del suo presagio di decadenza. Parole importanti ma da generazioni disusate. Michela Marzano apre quindi uno sterminato programma. Anche per i “contrari” che indirettamente rimette in circolo, come l’ipocrisia, la volubilità, “la fedeltà nello sproposito” (Jankélévitch). Partendo da una conclusione apertissima: “La fedeltà non è una parola. È un atto”.
Un’indagine piena di sorprese, come di ogni opera pionieristica. Cartesio, Montaigne, Rousseau, spiriti liberi per eccellenza, diffidavano della fedeltà. Simmel pure. Foucault, sotto il pretesto di spiegarla, pure. E Jankélévitch, che l’ha sfiorata nel quadro di “Les Vertus et l’Amour”. Sono propriamente le virtù, che non piacciono, il tema desueto ddella filosofia. La fedeltà è un concetto di “profonda polisemia”, che Marzano individua come forma polisemica di virtù: “sociale”, “teologale” e “privata”. Approfondendone quest’ultima forma.
La fedeltà è uno spazio che gli individui aprono nella loro finitezza, “uno spazio di ospitalità di se stessi”, o “accettazione dei propri difetti”. E uno spazio d’incontro: con le “parole” (date, promesse, ricostruzioni), il “corpo” (condiviso), i “ricordi” (familiari). In mutazione quindi, ma su un fondo di stabilità - che è il senso profondo della parola, di ogni parola. È la “ripetizione” di Kierkegaard, ma anche uno spazio di libertà, “un intervallo a partire dal quale è offerta a tutti la possibilità di essere vivi, avere desideri”. In termini valutativi, la fedeltà è “autentica”: “Dà alla singolarità di ogni individuo indici di esistenza. Nell’intervallo mutevole e irrimediabile “tra l’ «io» e il «tu»”.
Michela Marzano, La fedeltà o il vero amore, Il Melangolo, pp. 111 € 13
martedì 24 luglio 2012
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