Nel Novecento da riscrivere rientra certamente Arturo Onofri, per amanti di Positano e non – questa mini riproposta delle edizioni Via del Vento venticinque anni fa non ha avuto seguito, Onofri resta fermo alla riedizione Neri Pozza, 1959, ma non è detto. La materia c’è. Onofri ha avuto peso negli anni 1930, non senza ragione. Anticipatore della “poesia della cose” di Savinio, e insieme teorico e illustratore, col “frammentismo”, di quella che sarà la scrittura d’arte, rondista, e anche ermetica. “Scolpite d’argento le case a sbalzo, sotto la luna nel massiccio del monte, ascoltano attonite il mare che adesso rifiata dalla fatica dei suoi mezzogiorni”, anche per chi non è stato a Positano una notte di luna la cosa c’è. “L’umanizzazione degli oggetti”, la chiama Mada Vigilante che ha curato questo inedito del 1925, una appendice alle “Orchestrine” del 1917. Che più tardi Bachelard dirà “la poetica della rêverie” – dallo stesso Onofri peraltro anticipata in “Nuovo Rinascimentocome arte dell’io”, 1925. Del linguaggio da mirare a “una lingua angelica… nella quale il parlare è un accordare il mondo con se stesso”.
Arturo Onofri, Quaderno di Positano
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