Presentato nel genere Viaggio-Memoria, è il romanzo felice di un amore romantico. Tra l’autore bello di anni e svagato e una zingara “dagli occhi ipnotici” - che l’edizione italiana mette in copertina, di richiamo sicuro (di lei e della di lei sorella, con la quale metterà su famiglia). Un colpo di fulmine, in un mondo che non si penserebbe esistente quindici anni fa, il Maramureş, a Nord della Romania al confine con l’Ucraina, vecchio di millenni tra i campi e i pascoli e vivo di sensibilità. Che Blacker ha incontrato per casa vagando “all’Est” in macchina nelle vacanze di Natale dopo la caduta del Muro. Trovandoci un’altra, più simpatetica, famiglia. Un mondo oraziano, del “Beatus Ille” - felice chi lavora coi buoi le terre di famiglia.
Il racconto è stiracchiato nell’elogio della vita gitana – meno in quello della vita contadina, una sorpresa totale, che Blacker sa comunicare. Fino al funerale commovente del vecchio contadino col quale ha avuto un rapporto filiale, d’immedesimazione senza riserve, senza mai uno screzio. La sorpresa è l’arcaico, degli strumenti, la falce, e dei sentimenti, l’amore di due giovani. Immune al disfacimento che si preannuncia: della parte rumena in nome del necessario progresso, di quella sassone per il richiamo, dopo otto secoli, della Germania.
William Blacker, Lungo la via incantata, Adelphi, pp. 335 € 23
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