Massimo Giannini che su “Affari & Finanza” di “Repubblica” riduce Marchionne e Squinzi a “folklore”, non per altro motivo che per aver criticato le ingessature dell’Italia (i dipendenti a Pomigliano da assumere in proporzione agli iscritti ali vari sindacati…), è più sconfortante che puzzling. Che senso può avere questa invettiva, non ragionata, non provata, per i lettori di tale specializzatissimo settimanale? Solo comunicare l’indignazione di Giannini. Ammesso che sia una vedette e abbia dei fan.
Folklore un manager che ha fatto della Chrysler un gioiello dopo dieci anni inconcludenti di cura tedesca, che avevano messo a rischio la solidità della stessa casa madre Mercedes? Che ha semplicemente salvato una Fiat sotto ttti gli aspetti fallita dopo quarant’anni di “consapevolezza” politica e sociale, senza modelli,senza mercato in Europa, e in procinto di perdere perfino quello italiano. La Fabbrica Italia avendo ridotto da tre milioni di autovetture l’anno a un sesto o poco più. Per non dire della forza lavoro occupata.
Lo sconforto è invece dell’indignazione senza motivazione. Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, che il giornalismo critico hanno inventato, erano sempre documentati. E non parlavano, seppure con asprezza come sapevano, se non con pezze d’appoggio chiare e spiegate. L’indignazione o è rivolta, o è critica consapevole, altrimenti indigna.
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