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Amore – Nella magia bianca è sempre femminile. Sortilegi, amuleti, formule, malocchi, maledizioni, ogni incantesimo è divisato per le ragazze, per catturare l’uomo dei loro sogni, sul quale hanno messo gli occhi. Dell’uomo innamorato si dice che è la donna ad affascinarlo, ad averlo catturato con un incantesimo – il fascino è femminile, l’attrazione per sortilegio.
Intellettuale - L’orgoglio, il primo dei vizi, è solo intellettuale.
San Tommaso, che gli angeli dice intellectuales, riconosce loro un “motus cognitionis angelicae”, dei colpi d’ala. Una sorta di natura angelica intellettuale.
Il silenzio che avvolgeva a Mosca al tempo del sovietismo era detto “il linguaggio degli intellettuali”. Era una barzelletta di regime, ma di che parla l’intellettuale, quando parla?
Si può essere intellettuali disonesti, passando alla politica, e nulla di male: la politica si propone dei fini, che possono essere onesti. Un intellettuale che non sa liberarsi dell’onestà è destinato alla delusione, e i peggiori esiti diventano possibili, il tradimento, il rancore, la perdita di se stessi, come narrano già in antico le mitologie
Pregiudizio – Non ha contravveleni, essendo impermeabile alla ragione. E non il ridicolo, una forma di debasement: il pregiudizio è la cristallizzazione dell’orgoglio cieco, e senza fagle.
Si giustifica come una forma di difesa, per esempio di fronte al “diverso” (il meridionale, il nomade, l’immigrato, come già l’ebreo), o al “politicamente corretto” (i diritti delle minoranze), ma è al fondo solo l’esercizio di un piccolo potere.
Il “politicamente corretto” agisce nei due sensi, del giudizio e del pregiudizio. Quando l’accesso all’uguaglianza, che pure è un diritto, si prende per dovuto e non da conquistare (meritare).
Storia - La storia è la norma. Oppure un gioco, quello di Huizinga, che giocato una volta permane nel ricordo, è tramandato e può essere ripetuto. È un insieme di forme ideali in atto, forme di vita. È teatro, una bella rappresentazione, su fondale di sgargiante fantasia – era il piumaggio cangiante del pavone in Scoto Eriugena. O messa in scena strana e costosa per Mario Luzi. È una fantasista tra le più gaie per l’autore delle “Demi-vierges” - le vergini, per il resto, rotte a tutto. Le opinioni sono divise. Maschia però per Luciano, un atleta robusto e duro come un alce. Oppure no, è adattabile e ha struttura cartilaginosa: non è, ma non si può dire che non sia. E consola ruffiana.
Per alcuni è un vulcano. Per altri è roccia. O fiume. Un fiume che non conosce ritorno, aggiunge Sklovskij. È un pipistrello, cieco, incestuoso e ermafrodito, assicura Borges: quello che diciamo storia sono menzogne, visioni di oggi. È invece un angelo per Benjamin, Arendt e Scholem, che potrebbero, dovrebbero, dubitarne. Alcuni vogliono che sia Dio. In via d’inarrestabile regresso. Deformata e deformante per Ernst Bloch. Traditrice per Marc Bloch, a volte. Lo stesso che per Manzoni, quand’era sincero. “La nostra storia”, dice Musil, “apparirà all’occhio divenuto sensibile poco diversa da un recinto fra quattro mura, dove il gregge umano ondeggia smarrito di qua e di là”.
È anzitutto un fatto di cronologia, assicura Duby. In quanto gioco propone alternanze, trasforma le certezze, sposta le frontiere tra zone del sapere, le supera, spiega Redondi, lo storico di Galileo, rinnova la teoria. E pure la pratica. È padrona, e servile. O è un fardello. “Non sono arrivato alla mia età per occuparmi della storia universale, la cosa più assurda che ci sia: mi è indifferente che muoia questo o quel personaggio, che sparisca questo o quel popolo, sarei pazzo se me ne inquietassi”, Goethe vecchio e vile disse al cavaliere de Müller, ma bisogna sopravvivere. “La storia universale è la corte di giustizia del mondo”, insegna invece Schiller. Da cui la nota formula di Hegel: “La giustizia è immanente nella storia”. E che altro vi è immanente? la caccia, la ragione, il tempo perduto? Lì si va sul sicuro, se “una lunga durata”, come Kant aveva stabilito, “è sublime, e se puntata sul passato è nobile”. La storia è fatta di noia per Longanesi. Di rovine per Lucentini. E di eterne differenze per Foucault. Fu ascesi ed eroismo nei secoli bui, è sempre istruttiva per Adam Smith, ma resta imprevedibile per Bobbio.
La storia era Dio fino a Hegel, quindi Provvidenza, Saggezza e Ragione. Provvidenza dell’Evo Medio che era la Fortuna dell’Evo antico, e legge razionale in Tucidide. “Storia di un uomo solo”, la dice Borges, che prima o poi ritorna: “La storia è indistruttibile”. È un’esercitazione del mito ancora per Lévi-Strauss. Ma già non è più vero: la storia non ha dei, ha scoperto Camus. O Nietzsche: muore con Dio il passato, se concepito come entità rispetto alla quale l’uomo non può nulla. E Céline: i ricordi imputridiscono come mele. Ma questo è negato pure a Dio, ha ragione il tragediografo Agatone che Aristotele cita: cancellare il passato, gli eventi. La storia è persistente, e collosa, e rimbalza. Non è possibile evitarla, assicura Braudel, e tutte le storie ci appartengono.
Tutto il reale, certo, è storia, riconosce Jaspers – e il reale che cos’è? In questo senso è la profetessa della verità, o la sacerdotessa, secondo volevano Diodoro e Dionigi, e ovviamente Cicerone.
zeulig@antiit.eu
giovedì 12 luglio 2012
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