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venerdì 13 luglio 2012

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (135)

Giuseppe Leuzzi

L’Antimafia indaga Carrara. Carrara in Toscana, la città dei marmi. Indaga le vendite dei blocchi di marmo. Alla mafia? No, a operatori cinesi, indiani e altri asiatici. Sulla base di un’interrogazione parlamentare dello stesso vice-presidente dell’Antimafia, Granata. Che è siciliano. Per allontanare i sospetti dalla Sicilia?

Delenda Gioia Tauro
Francesco Forgione fa di Gioia Tauro il porto della ‘ndrangheta. Pubblica a Milano da editore volenteroso quattrocento pagine al termine della quale il “delenda Gioia Tauro” insorge incontenibile. Studioso, dice lui, nonché ex parlamentare di Rifondazione e presidente della Commissione parlamentare antimafia, niente di meno, si è fatto executioner. Involontario?
Il porto di Gioia dava fastidio perché era il più grande del Mediterraneo. Ora potrebbe non esserlo più, per la concorrenza di Porto Said, che le fonti di Forgione non cessano di celebrare con gusto, dove la manodopera costa un decimo che a Gioia Tauro, e si spera anche di Tangeri. Ma ugualmente dà fastidio. Bisogna costruire un terminale che lo spossessi completamente a Vado Ligure, da cinque miliardi, tutti pagati dallo stato. Lì non c’è la mafia.

“Miracolo a Gioia Tauro”, titola il “Corriere della sera” in prima pagina ieri, “l’assenteismo crolla del 70 per cento. E la ripresa produttiva è stata tale che il porto calabrese ha fatto il record. Tre mega-navi portacontainer movimentate contemporaneamente”. Nel paginone dello specialista Gian Antonio Stella non c’è spazio per il fattore determinante del record: le nuove gru che la società concessionaria ha impiantato, coi soldi della Regione, in aggiunta a quelle già esistenti. Quanto all’assenteismo, il calo è di un anno fa: tra l’1 agosto 2010 e il 31 luglio 2011, date fatidiche, è sceso dal 15 al 5 per cento.
Nello sdegno della stellato “Corriere” ha grande ruolo la Maersk, colosso del traffico container, che un anno fa abbandonò lo scalo a sua volta sdegnata – e non perché le hanno promesso uno scalo tutto suo in Liguria, cui è propedeutico il fallimento di Gioia Tauro. Anche la Maersk, essendo danese, è nordica, e lo sdegno ha grande ruolo al Nord.
Tra i difetti di Gioia Tauro Stella mette con insistenza la Salerno-Reggio Calabria: i tir non possono trasportarvi i container. Ma Gioia Tauro è un porto di trasbordo, da una nave più grande a una più piccola. È così che viaggia il traffico container. Quanti tir-container avrà contato questo Stella sulla Milano-Serravalle, per esempio – che non contengano tangenti?

Milano
Non è vero che non c’è un colpevole per la strage di Brescia. Almeno uno c’è, senza ombra di dubbio, stabilisce con argomentazioni solide la sentenza d’Appello: è il pentito Digilio. Ora morto, Digilio ha deviato per vent’anni le indagini della Procura di Milano. Senza collusioni.

La Lombardia fornisce indubbiamente il servizio sanitario migliore d’Italia. Ai
prezzi più bassi. Ma si può fare campagna contro di essa, contro i concorrenti di un certo Rotelli. Che è il grande azionista del “Corriere della sera” per conto di Bazoli. Senza vergogna. E anche questa è Milano.

La Cina si offende e allora Pisapia cancella la cittadinanza onoraria al Dalai Lama. Perché l’aveva proposta allora? Per ipocrisia.

Si è sempre colpiti, dovendo viaggiare a Milano, dal senso di abbandono che regna in quella città così ricca. Anche nelle strade e le piazze più ricche e coltivate. Non c’è qualità nelle merci e nel servizio – c’è supponenza e prezzi esorbitanti. Non c’è gusto né cura per l’ambiente, l’estetica, l’atmosfera. Rovine, ancora della guerra. Alberi tagliati e abbandonati, Scavi mai ricoperti. Di opere forse abbandonate, forse no. In evidente crisi con se stessa, la città è però feroce col mondo.

Al mare in Versilia avviene di dover frequentare due bagni che hanno clientele diverse, uno toscana l’altro padana – di emiliani e lombardi per lo più. In uno si conversa coi vicini d’ombrellone e al bar, seppure infine bloccati dalla gnagnera e dal roboante toscano. Nell’altro no. A volte non c’è nemmeno risposta al “buongiorno”. Parlano solo al telefonino.

Si può prendere Minale a Milano come una jattura per la città, uno dei tanti giudici napoletani che l’affliggono. Minale, che si dice furioso perché il processo Mills è andato in prescrizione, è lo stesso che impiantò i processi a Sofri in modo che fosse condannato, pur sapendolo innocente, dentro il processo e fuori del processo Per un tal giudice la prescrizione non esiste, e nemmeno la giustizia: la giustizia è lui.

Ma si ritrovano solo per caso tutti questi giudici napoletani a Milano? Ilda Boccassini, per esempio, che vuole Lele Mora in isolamento, da un anno o due ormai, per odio – l’uomo non è un criminale (per odio a Berlsuconi)? Quando cominciò a fare la Boccassini a Caltanissetta, nelle indagini sulla strage contro Falcone, la allontanarono. A Milano.

Il Procuratore Generale di Milano, Manlio Minale, può dire impunito il falso, volendosi martire di Berlusconi. Che le indagini sul caso Mills durarono solo diciotto mesi. Come se diciotto mesi fossero niente. Ma tutti sanno che le indagini durarono anni, e furono riaperte, con almeno un supplemento d istruttoria.

Condannare qualcuno attraverso la prescrizione è ormai procedura ambrosiana acclarata. Seppure a opera di giurisperiti partenopei. E si applica non solo a Berlusconi, in questa singolare Milan-Inter. È l’etica lombarda – ce n’è una.

Miracoli a Milano
Finito Valentino è finito “Valentino”, il marchio. L’emiro del Qatar se lo compra ma per portarlo fuori, a Parigi o New York, sedi ben più glamour e trendy, come è successo per Gucci.
La moda a Milano è in effetti uno dei tanti miracoli di cui la città beneficia per la sua potenza finanziaria. Fu inventata indirettamente dall’Eni nel 1973 con la mostra del design italiano al Moma di New York, e la “salita” di Giorgio Armani a Milano con la sua idea dell’alta moda pronta. Stilisti milanesi e di fuori vi si sono innestati, Versace, Missoni, Trussardi, Prada, Valentino, Ferrè, e i tanti successivi. Il tempo di vita dello stilista creativo.
La città non è attraente né suggestiva. Chi ha talento, fra gli stilisti non imprenditori, sceglie Parigi o New York.

leuzzi@antiit.eu

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