Dopo Napolitano, Monti deve ricorrere ala corte Costituzionale. Due moderati. Contro un giudice. Per non dire di Taranto, dove è “giustizia contro tutti”.
Depurata dall’ingombro Berlusconi, dopo la tragica farsa di Mani pulite, la giustizia appare per quello che è. In troppi casi politica, quasi sempre dannosa, per le lungaggini e l’arbitrarietà. Senza l’equilibrio e la probità che si richiede al giudice, in base all’etica e all’affinamento di millenni del diritto. Ma tignosa e anzi permalosa. Cioè personalizzata. In una con le ambizioni politiche che il giudice non dovrebbe nutrire, cioè di parte. Intromettente – non c’è aspetto della vita privata e personale in cui questa giustizia non si intrometta. Colpevole del cinquanta per cento almeno dell'improduttività italiana.
Napolitano e Monti, moderati per antonomasia, devono peraltro chiedere giustizia alla Corte Costituzionale. Un organismo che, in uno col Csm, è la quintessenza dell’inaffidabilità della giustizia. Di leguleisti di scuola napoletana in troppi casi, procedurale. E d’impianto giustizialista come l’ha voluta Scalfaro, autoreferente. Al di fuori della società e della storia, dentro le camarille.
Contro Napolitano e a favore di Ingroia “Il Fatto” annuncia la raccolta di quarantamila firme. È l’unico evento della vicenda che esce dal surreale. Seppure per trasferirci dentro uno stadio: la giustizia allo stadio è già un miglioramento rispetto ai tribunali.
martedì 14 agosto 2012
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