Il partito dei giudici si sfalda, i sottopartiti dei giudici pure. Tutti nel partito di Di Pietro contestano Di Pietro, tutti nel sottopartito di De Magistris contestano De Magistris. I giudici, e anche i laici: l’illustre procuratore Narducci, vero autore di “Gomorra”, un amministratore delegato sceso da Torino, e l’assessore al bilancio, napoletano ma rigido. Il sindaco che ha avvinto i napoletani al grido “amm’a scassa’”, ha scassato i più compassati tra i collaboratori che ha scelto.
I lodatori appaiano De Magistris, che se ne compiace, a Masaniello. Ma allora a uno molto notabilare - “figlio di magistrati, nipote di magistrati”, così si complimentava con Santoro sulla Rai. Che a Catanzaro s’inventava i processi per farsi cacciare dalla cittadina e poter tornare a Napoli. In uno s’inventò Romano Prodi a capo di una cupola massonica a San Marino, con l’inevitabile Mastella braccio destro. In un altro, “Why Not”, che martedì si è chiuso in primo grado dopo sei anni, in tempo cioè per mettere da parte numerosi prescritti, si sono potute dare condanne, miti, ad alcuni faccendieri della “industria della formazione”, assolvendo i nove politici coinvolti. I giudici volevano condannare la superteste di De Magistris, Caterina Merante, anche’essa imprenditrice della formazione, ma, disgrazia, era prescritta anche lei. Il commento di De Magistris: “La sentenza dimostra che c’era qualcosa”.
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