Acqua fresca? Sì. Dire l’ineffabile, cogliere l’imponderabile, senza tuttavia senza tuttavia ridursi all’ossimoro, il gioco di parole che le cose dice col loro contrario. Si forma e si percepisce per immedesimazione. Con un tratto semplificato. Di due immagini accostate. Su cose meglio che su persone – che però sempre più si impongono, in forma di nascite, morti, malattia, infanzia. Messo in circolo sessant’anni fa dalla cultura beat col Buddismo Zen, lo haikù non cessa di stupire.
Superba antologia in pillole, di una ventina di poeti, a partire da Bashō. Con gli ideogrammi originali, la trascrizione dei suoni, una bibliografia e una illuminante presentazione sulla “logica paradossale”, per cui ogni cosa è anche un’altra – sottile rabbuffo all’antico riduttivismo di Roland Barthes, “L’impero dei segni”, che lo haikù dice “facile, futile, breve, ordinario”.
Haikù, a cura di Leonardo Vittorio Arena, Bur, pp. 110 € 5,90
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento