Poco apprezzato, se non in Francia. Dove altri quattro o cinque film sono stati tratti dai suoi racconti, dopo il successo di Truffaut, “Tirate sul pianista”, con Aznavour e Marie Dubois. Ma dove lo hanno fatto alcolizzato, isolato, povero, anzi barbone, Mentre era soprattutto uno scrittore, sceneggiatore di successo a Hollywood, quasi astemio, parsimonioso, questo sì, incapace di spendere, mammone, incapace di una vita affettiva, fino ai cinquant’anni, quando morì, e pio.
Si può dire Goodis uno eccentrico, molto. L’American Dream ha svelato prima dei beat. Dal di fuori e non dal di dentro - come vita vissuta, di barbone, drogato, alcolizzato, o preteso tale. Nei suoi aspetti più visibili: la pulizia, il salutismo, il lavoro, la famiglia. Ha eccettuato solo la politica, e il sesso – non lo sa fare, non essendo interessato. In controluce sui bassifondi, quartieri senza luce, ingombri di rifiuti. In una New York dickensiana dove la violenza è illimitata. Una sfida anche al genere, duro-azione, irriso pesantemente: le scazzottate sono squartamenti, gli inseguimenti si fanno a piedi, tra ratti e rifiuti.
Questo Omnibus Gialli curato da Lia Volpatti nel 1989 è un doppio atto di coraggio: consacrare un autore quasi sconosciuto, e pubblicare gli allora inediti “Sparate sul pianista” (“Down There or Shoot the Piano Player”, del 1956, qui “Non sparate sul pianista”), e “Strada senza ritorno” del 1954, oltre a “Il buio nel cervello” (“Nightfall”) del 1947 e “C’è del marcio in Vernon Street” (“The Moon in the Gutter”) del 1953. Alcuni dei testi sono stati recentemente ripubblicati da Fanucci con altri titoli: “Nightfall” è “Il vuoto nella mente”, “Down There” è “Sparate sul pianista”.
Lia Volpatti gli rende giustizia anche come genere, per una confusione tuttora non diradata, tra hardboiled e noir, duro e nero. “Violenza e azione” sono connotazioni dell’hardboiled ma non necessariamente del nero, “perché dove c’è il nero c’è spesso più che altro rassegnazione, disperazione, autodistruzione, non voglia di lottare bensì di cedere, di lasciarsi andare”. Goodis si diceva personalmente “in attesa che il mondo ritrovi la sua anima”. Che nell’attesa rappresenta quale è, pieno di anime smarrite.
David Goodis, Profondo nero
Nessun commento:
Posta un commento