Una
povertà relativa, poiché i coniugi, che non avevano casa e vivevano in camere d’affitto,
si portavano dietro tremila libri. E monadi travisate, lo stesso Anders sente
il bisogno in una “Postfazione accademica” che chiude la memoria, di ricordare
che le monadi di Leibniz si saltano “le une addosso alle altre”.
Un
matrimonio per ripicca forse. Dopo l’abbandono, duro, sprezzante, della giovane
Hannah da parte del maturo amante Heidegger – una cosa da professore e allieva.
Con un “giovane filosofo” che Heidegger in più occasioni con Hannah aveva nominato
con disprezzo. Durante la guerra Anders salverà dall’America Hannah e il suo
nuovo marito Heinrich Blücher in fuga tra Francia e Pirenei. Hannah avrà sempre
accenti di disprezzo per Anders. I familiari di Anders, e più la sorella che è sopravvissuta
a entrambi, non hanno conservato buona opinione di Hannah. La
memoria postuma di Anders è lusinghiera: Hannah è “autonoma” nel giudizio
(pensiero) e con una sua cifra stilistica già ai 22-23 anni, e “profonda,
sfrontata, gioiosa, avida di dominio, malinconica, amante del ballo.., lei era
proprio così”.
Ciò
che resta è quello che non si penserebbe: l’interdipendenza dei concetti
filosofi basici dei due. Che Dries mette
in quadro. La “instabilità” inerente all’essere umano. L’uomo plurale – l’umanità
come pluralità degli uomini. La “natalità”, invece della tanatologia di
Heidegger. La critica dell’antropismo antropologicoa. L’esagerazione, o
estremizzazione, delle idee come “metodo” critico. “L’amor mundi, o la consolazione ontologica dello sfiorarsi”. E da
ultimo la Colpa condivisa, quella di Eichmann per Hannah, quella di Claude
Eatherly per Anders, il pilota di Hiroshima, rotelle di una male tecnico,
organizzato. Di tutto Anders si attribuisce in questa memoria
postuma, in forma di dialogo con Hannah, la primazia.
Günther
Anders, La battaglia delle ciliegie,
Donzelli, pp. LXXV + 80 € 16
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