Forti come la doppia verità
Una primizia. Un racconto del 1949 (Giono tornava a pubblicare dopo l’ostracismo del gollismo in cerca di capri espiatori – carcerato nel 1939 perché non considerava i tedeschi tutti nazisti, e nel 1944 perché in guerra era stato pacifista) che introduce una discontinuità nel “punto di vista”. La veglia e il funerale del “povero Alberto”, il castellano, aprono e chiudono il racconto di una vita. Di Due vite, povere. Viste da lei, viste da lui. Senza turbe freudiane, Giono rifà la verità, delle cose e dei sentimenti, e l’incomunicabilità. Come sarà in “Rashomon”, o l’incompiuto “Fuoco grande” di Pavese e Bianca Garufi.
La verità è scaturigine e filtro. Il ricordo è selettivo, la memoria è parte della psiche: ricostruisce e costruisce, inventa, qualsiasi sbirro sa che indurre al ricordo è perfino facile. Quello dei testimoni è sempre una ricostruzione, la stessa onestà si organizza in base al punto d’osservazione, e alla capacità di espressione, che agisce retrograda, seleziona le cose da dire. Con effetto cumulativo, la selezione si affina – come altrimenti si sarebbe scritta tanta letteratura del ricordo? Quello dei protagonisti è tarato di necessità.
Jean Giono, Le anime forti, Neri Pozza, pp. 286 € 13,50
domenica 16 settembre 2012
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