Un testo eccezionale, tanto è elegante, brioso, ritmato. Su un’idea brillante: gli “scrittori in catene”, in guerra e in pace (dal Settecento a oggi). Alla sommatoria una disgrazia produttiva: la prigione fa bene alla letteratura. Una galleria di ritratti sfolgoranti. Anche quando i personaggi sono dimenticati: Lacenaire, rivoluzionario del 1830 deluso, assassino per rivalsa, o Libri Carrucci della Sommaia, professore a vent’anni di fisica matematica a Pisa, ladro per un vita in Francia d’incunabili e libri preziosi che rivende in Inghilterra, sposo dell’innamorata da cui Mérimée era fuggito in Spagna.
Galateria ha censito 43 storie, ma l’aneddotica sembra inesauribile, maneggiata com’è con effervescenza. Proust, che non è in elenco, evitava la prigione nelle retate professandosi rentier, un signore. Mentre Céline, scarcerato in Danimarca, nudo al sole su una spiaggia, si mostra circonciso.
Un testo editato alla sanfasò - sarà la crisi, quando l’impegno si fa minimo. A ogni pagina, quasi – Céline, poi, naviga tra prigioni di genere doppiamente diverso: a p. 12 sta in “un carcere danese pulito come un albergo di lusso”, mentre a p. 261 “le carceri danesi non erano alberghi di lusso come si è detto”. Ma senza danni.
Daria Galateria, Scritti galeotti, Sellerio, pp. 306 € 14
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