Intercettazioni, indiscrezioni, confidenze, preannunci: c’è una giustizia parallela e anticipata rispetto a quella cosiddetta ordinaria, che corre tra alcuni Procuratori della Repubblica e alcuni giornalisti. Che per questo hanno un importante mercato. Non da ora, da molti anni. C’è un parallelo che questa giustizia definisce nel senso dell’arbitrio e della prepotenza, ed è con le lettres de cachet dell’ancien régime, le lettere d’imperio.
Citiamo naturalmente da Wikipedia, che è il vangelo della verità: “Le lettres de cachet erano lettere firmate dal re di Francia, controfirmate da uno dei suoi ministri e chiuse con il sigillo reale, o cachet. Le lettere contenevano ordini diretti del Re, spesso per forzare azioni arbitrarie e giudizi a cui non si poteva fare appello”. Contro questo o quell’individuo (ci sono carcerazioni a vita imposte dalle lettere sovrane) oppure per imporre decisioni politiche. “In caso di organizzazioni le lettres de cachet venivano emesse allo scopo di prevenirne l'assemblea o per ottenere degli atti ben precisi” dall’assemblea stessa.
Questo secondo caso non sembra ricorrere nelle intercettazioni, all’apparenza. Mentre hanno distrutto a vita dei personaggi, per esempio Lorenzo Necci, o Guido Bertolaso, che non c’entravano nulla, non hanno imposto decisioni politiche. Non sembra. E invece sì. C’è almeno un partito in Parlamento che prospera sulle intercettazioni. Alcuni giornali. E una legge non si può fare sull’abuso delle intercettazioni, nessuna legge.
Un terzo caso contempla Wikipedia: “I benestanti talvolta compravano queste lettres per sbarazzarsi di individui indesiderati”. Non ci sono più i benestanti, ma c’è un mercimonio di queste intercettazioni? Sì, ci sono i potenti, quelli che nominano i capi degli uffici giudiziari. Con questi capi, e i concorrenti.
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