Il vezzo è dei germanici, gli scandinavi in particolare e gli americani, cioè i più ricchi di tutti. Che terrorizzano il mondo con le loro crisi periodiche, la droga, l’alcol, l’obesità, l’economia. Si salvano la coscienza con problemi che loro stessi creano, le mine antiuomo, il colesterolo, lo zucchero, l’eugenetica, e anche questi ributtano sul resto del mondo. Sempre i ricchi si sono lamentati, ma ora esagerano. È ruttare sul mondo la sazietà, non c’è povertà nichilista. L’imperialismo vero resta dell’Occidente sull’Occidente, una guerricciola endemica interna, magari per scongiuri. Gli altri non sono abbastanza ricchi da stimolare l’avidità. Ecco perché l’antimperialismo è brutto. Se è qualcosa, dovrebbe essere la libertà. Non può dare più case, più strade, più ospedali, più scuole, perché è meno ricco dell’imperialismo. Può e dovrebbe dare onestà e rispetto degli altri, della legge.
Ci sono dei criteri: non ci può essere antimperialismo contro antimperialismo. Né socialismo contro socialismo: hanno ragione quelli che, scampati alla forca del comunismo, restano comunisti, c’è un solo comunismo. È diverso per le vie nazionali, oggi cinese, coreana e cubana come già eurocomunista, latina, lusitana, africana, afroshirazi, animista, panaraba, confuciana. Basta la parola, direbbe la pubblicità, socialismo è un abito, un profumo. Il senso del Terzo mondo è un platonico terzo regno di Frege: un mondo di petizioni di principio, per salvare l’anima nostra, non gli africani - Frege, barba bianca, modi semplici, non era preso sul serio a Iena nel 1917 all’università. L’Occidente, volendogli dare una colpa, ha prevenuto la decolonizzazione catturando gli animi: li ha sintonizzati sul possesso, furberia, sopruso, avidità, prima che sull’alcol e le droghe, e li gestisce con la crisi. L’Occidente è furbo, per questo Ulisse è popolare. Ma nessun indio, nessun africano, nessun arabo, nessun asiatico ha bisogno di lezioni in questo campo – se è asservito, lo è volontariamente.
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