mercoledì 19 settembre 2012

Ombre - 147

Berlusconi è andato in tv e ha detto: “Abolirò l’Imu”. Bersani lo ha irriso. Ora dice dice che l’Imu va “corretta”. Non poteva dirlo prima?

“Repubblica” vanta il primato confermato tra i giornali non sportivi. Rcs vanta il primato confermato tra tutti i quotidiani, per la “Gazzetta dello sport”. Segue “Repubblica”, con il “Corriere della sera” a un’incollatura – quarta viene “La Stampa”. Ma la notizia non è che per il terzo o quarto anno i lettori di quotidiani sono in flessione? Meno 312 mila per “Repubblica”, meno 159 mila per il “Corriere della sera”, meno 245 mila per “La Stampa”.

Le foto della giovane Kate nuda sono sconvenienti per la giustizia in Francia – nella Francia socialista. Le insolenze illustrate contro Maometto no, e anzi vanno protette con l’esercito nelle piazze. A costo di chiudere le ambasciate e le scuole in venti paesi, e di rimpatriare diplomatici, insegnanti e famiglie. È la laicità?

Grande scandalo di Fini perché la Camera non vota l’obbligo di certificazione dei bilanci dei partiti con certificatori professionali. Solo con gli audit dello stesso Parlamento. E i casi di Parmalat, di Merrill Lynch, e di tante altre aziende e banche fallite dopo la certificazione? La lobby dei certificatori

“Il mercato italiano per noi è assolutamente preponderante, pesa più di quello degli altri paesi europei messi insieme: e il mercato italiano e spagnolo sono quelli che hanno perduto di più. Non è un’equazione troppo difficile”, spiega Marchionne a Ezio Mauro. Ma l’equazione è evidentemente non facile per i giornali, e di più per la Rai.

Mani Pulite nel calcio – tutti Procuratori, specie alla Rai, chi di questa chi di quella squadra – ha prodotto i suoi effetti: dopo la politica rinunciamo anche alla partita. I tifosi si sono dimezzati in pochi anni, secondo i più che attendibili dati di “Repubblica”, e gli altri sono per lo più “tiepidi”, s’informano lunedì dei risultati
La distruzione dell’Italia a opera di Milano diventa opera enciclopedica: politica, giustizia, affari, Torino, il Sud, il calcio, che altro?.

“L’Espresso” si fece bello delle foto di Berlusconi nudo, contrabbandandole per un atto di resistenza, opera del celebrato Zappadu, l’orgoglio della Nazione con conto ai Caraibi. Berlusconi si fa bello delle foto della quasi-regina Kate nuda. E invece che la resistenza ci fa i soldi, in edizione straordinaria. Si spiega così che De Benedetti perda e Berlusconi vince – parliamo di soldi?

Il faccendiere Cola, arrestato più volte per malversazione, scopre che può sgamarla accusando Guarguaglini, il capo di Finmeccanica. Meglio ancora se accusa lui e la moglie. Lo fa, Guarguaglini e consorte sono allontanati con vergogna, Cola ha sconti di pena.
Ora, dovendosi celebrare infine un processo, le accuse risultano infondate agli stessi Procuratori che lo hanno protetto. Poche righe e nessuna autocritica. Nessuna censura, anche, non ai giudici.

Il giudice palermitano Morosini si dimette da segretario della sua corrente sindacale, Magistratura Democratica, in quanto sarà giudice nel processo Stato-Mafia. C’è conflitto d’interessi tra la sua funzione di giudice e quella di sindacalista? Non si vede come. Non c’è invece tra la sua funzione di giudice e quella di pubblico accusatore.

“Inchiodare la Fiat alle sue responsabilità”, chiede Gad Lerner sabato su “Repubblica”. Apodittico. Ripetitivo. Dopo aver riconosciuto che “se non fosse andata all’estero, la Fiat sarebbe probabilmente defunta”. Lerner la vuole inchiodata morta?
Non si può fare a meno d’inchiodare qualcuno?

Lo Statuto dei lavoratori Bersani dice “opera di civiltà”, un evento “epocale”, che ha affermato il “diritto di cittadinanza”. Ci arriva dopo quarant’anni. Senza autocritica.
Il 14 maggio 1970 la Camera approvò la legge 300, detta Statuto dei diritti dei lavoratori, alla presenza di soli 352 deputati su 630, con 217 sì e 135 astensioni. Fu l’ultima di una serie di leggi a difesa del lavoro promosse dal partito Socialista coi governi Moro e Rumor. Con la parentesi del 1964-65, gli anni del Piano Solo. Nell’avversione dunque di buona parte della Dc. E col boicottaggio, dentro e fuori il Parlamento, del Pci di Berlinguer, il partito dell’allora giovane Bersani. Che si rifugiò infine nell’astensione.

“Un pubblico disattento e spesso disinformato”, dice Servergnini gli americani in apertura di “Sette”. Meno interessati di noi alla politica, semmai solo a quella locale, vulnerabile alla propaganda, etc. “Una debolezza della democrazia? Temo di sì”: Si possono scrivere ancora di queste cose? L’indigenza di Milano è senza fine.

Poche pagine più in là Panebianco oppone “The Federalist”, un monumento di scienza politica che l’Europa non ha, vecchio di duecentocinquanta anni e sempre nuovo. Dove si spiega che la politica comincia con ognuno di noi. Col pluralismo, il localismo, i diritti civili, senza trascurare le grandi cause. Con la democrazia come partecipazione, invece che “dibbattito”. – è vero che le tv pagano bene, ma che c’entra con la democrazia?

L’“Economist” invita gli Usa a “non lasciare il Medio Oriente”. Ci fa anche una copertina. A chi lo dice?

La Confindustria dice che l’Italia è in stagnazione da vent’anni. È un fatto, noto ai più. Drammatico. Silenzio.

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