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Assimilazione - Si contesta che l’Europa nei suoi imperi (la “missione civilizzatrice”) abbia lascia-to qualche traccia e non soltanto rovine. Ma al contempo essa già manca. La trasmissione e l’incrocio delle culture sono buona pedagogia, benché impositiva. Ci sono colonie buone. I focesi di Elea, che colonia superba, tra Senofane, Parmenide e Zenone. Senofane, che Elea creò, veniva da Efeso, dove c’era Eraclito. Superba filosofia, ci devono essere colonie. L’assimilazione arriva col colonialismo, che dunque è liberazione. Se è l’applicazione planetaria dei lumi e del principio di uguaglianza: al sole della civiltà si dissolvono le paure, e gli stenti di troppi millenni.
Gli Usa saranno inattendibili, essendo un crogiolo. E vanno di corsa. La sigaretta americana si fuma lenta, il virginia è pressato, o mai abbastanza secco, per esercitare forse la mandibola, o ingurgitare tutta la nicotina, quando fa la storia l’America invece va di corsa. Ma sono americani i nerissimi Du Bois, Garvey, Scott Joplin, Wright, Baldwin. “Henri” Heine salutò nell’assimilazione “il biglietto d’ingresso nella cultura europea”. Senghor riscoprì che la civiltà è meticciato. I goti e gli altri presero Roma per avidamente cristianizzarsi. I sassoni devono ai franchi di Carlo Magno, che li batterono per battezzarli, se sono quello che sono – Carlo è Magno per aver latinizzato i franchi. L’identità, se interiorizzata, implode. Per un fatto fisico. Anche di fisica sociale, nella tribù di Colin Turnbull, nei clan endogamici. Il meticciato di Senghor, o multiculturalismo, è ovviamente più produttivo, poiché s’impara qualcosa.
S’impara pure guardando indietro, alla storia e la tradizione. Anche perché non si è se non si è stati. Sir Richard Turnbull, uno degli ultimi governatori di Aden, trovò che l’impero aveva di britannico solo il fuck off, o vaffanculo, e il football. Non il cricket, che è invece propriamente imperiale, giocandosi su tre, quattro, cinque giorni, e questo porta al quesito: è il cricket più inglese o più orientale, corfiota, indiano? O non saranno gli inglesi indiani sbiaditi, infrolliti?
Quiete - In fisica la quiete è la morte - il secondo principio della termodinamica è una miniera, Bouvard e Pécuchet impazzirebbero, una serie di mine contro le verità della vita.
Storia - È nella storia il senso delle cose, più che nella filosofia. Tutto è storia, la letteratura, l’arte, la filosofia, la scienza, la percezione che se ne ha di esse. Lo disse anche Croce, non volendo: “Non basta dire che la storia è il giudizio storico, bisogna soggiungere che ogni giudizio è giudizio storico, o storia senz’altro”. E anche: “Pensare è fare”. Pensare che è la verità – veritas filia temporis, diceva Gentile: “La filosofia è storia”.
La storia è inventrice e conservatrice di ogni arte a partire da Bodin. Ma c’era già tutto nella storia di Casaubon: “È in un certo modo filosofia pratica. L’unico genere letterario che insegna sapienza e prudenza insieme. È lo specchio delle azioni umane. La prora e la poppa della scienza politica. Capace di trasformare uomini nati inesperti e idioti in uomini capaci di azione, capaci di compiere anche le imprese più ardue”. Benché “somma di situazioni e azioni tale da non ammettere le sottigliezze dei cavillatori né di indugiare in esse”. La storia è tutto questo essere che è esistere.
Croce non ne era certo: “È metà”, disse anche, “della filosofia e della filologia”. E l’altra metà? E c’è molta trombonaggine. Cicerone voleva la storia testimone dei tempi, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita, araldo dell’antichità: la prima legge della storia consiste nel dire niente di più e niente di meno della verità, assicurava l’avvocato romano. Pure Cervantes, per dire che conosceva il latino, fa la storia madre della verità, emula del tempo, depositaria delle azioni, testimone del passato, annuncio del presente, monito per il futuro. Altri dicono maestro il gioco - Pirenne scopre che di testimoni non ce n’è due che diano identica versione dei fatti. La storia è lenta. Il tempo fluisce a ritroso, la storia nuota controcorrente, e il momento in cui il futuro si scioglie nel passato questo è il presente, spiega Borges citando Bradley. Borges per il quale “senza dubbio l’esistenza dell’uomo è un fatto curioso”.
Più a lungo è stata ed è storia di cose, aria, acqua, fuoco, terra. Anche perché Cristo l’ha trasformata: la storia è natura, la natura storia. La natura dell’uomo è nelle cose. La biologia si scopre simile alla storia più che alla fisica. Ma la storia - il gesto efficace, toccare, torcere, carezzare, tagliare, colpire, scagliare – esemplifica la fisica. La fisica dà forma alla storia - quello che la fisica si spiega meno sono i fenomeni naturali. Se non c’è la storia non c’è la fisica, cioè la natura. Che la mineralogia facesse parte della storia lo sapeva già Novalis, e la morale, la religione applicata, anche l’antropologia. È il cammino di Dio attraverso la natura di Herder. Passati attraverso il rifiuto della metafisica, se ne esce rifiuti.
Tempo - Mille miliardi d’anni luce sono un tempo infinito. Che è un ossimoro, ma l’infinito è indistinto e senza tempo, come le galassie, i vuoti intergalattici. Il tempo è in surplace: non passa, non muta, non esiste. E l’uomo è una sogliola secca, senza spessore né linfa. Una virgola della storia, se la storia c’è. Fossero le undici dimensioni di Gödel un milione, ogni fantasia è possibile, e la memoria, ma non la storia. Non il progresso, il mutamento è casuale.
Ogni sette anni muta il corpo umano, e con esso l’idea che uno ha di sé e del mondo. Ma non ogni sette anni, di seguito, nell’arco di sette anni. Non siamo esenti dal tempo, la quarta dimensione è un fatto, non siamo gli stessi la mattina e la sera: gli inglesi sanno che alle cinque è l’ora dei cocktail e non del tè, a quell’ora l’alcol è tonico. Senza l’esserci l’essere non è. E dunque l’esserci è - se io non sono, chi sono? e chi sono in questa o quell’ora del giorno o della notte?
Viaggiare – Un viaggio vero è nell’incerto, l’ignoto, sia pure un’argonautica di mezzo mondo per cercare una pelle di capra. I viaggiatori in realtà scappano, si sa, i viaggiatori compulsivi. Ce n’è che non riescono neppure a guardare il panorama, se non per pochi secondi.
Irrequieta è la natura. “Tanto li punge al cuore la natura\che la gente arde di porsi in viaggio”, cantava Chaucer. Dall’incessantemente piccolo all’infinitamente grande, il mondo si muove senza sosta. Viaggiano le stelle e la luce. L’8 maggio 1967 è arrivata una nuova galassia, milioni di stelle. Una notte di febbraio del 1967 è stata vista dalla terra l’esplosione di una stella avvenuta 174 milioni di anni prima.
zeulig@antiit.eu
venerdì 7 settembre 2012
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