Questo
oltre agli effetti collaterali. Spiazzare il voto di destra che si pretende di
sinistra: Casini, Fini, la stessa Lega di Maroni. Spiazzare chi c’era prima e
ancora c’è: Casini e Fini nella destra. Liberare infine i democristiani: prima
aspettavano che Berlusconi morisse, poi che andasse in prigione, ora potranno
marciare da soli, i Pisanu, Scajola, Buttiglione, se troveranno i voti.
Berlusconi
libera la sua idea di partito dalla zavorra che aveva imbarcato e lo ha
sommerso: ex missini senza un’idea, e democristiani. Per una partito nuovo. Una
lista di minoranza, ma che conti, con la forza del franco tiratore, al modo dei
Bossi, Casini, Fini. Benché – marchio di fabbrica – “responsabile”. Berlusconi
più di tutti sa che si può guadagnare molto con aziende-fatturati piccoli,
mentre con aziende anche monopolistiche si può faticare.
Personalmente
si è liberato di Milano, della città che l’ha odiato e perseguitato. Che
infatti è rimasta a bocca aperta. Le donnette in forma di giudice che lo
perseguitano non sanno più che tessere. Anche i corpi separati sembrano sorpresi, non
ci sono ancora intercettazioni sul caso. L’Italia non si sarà liberata di Berlusconi, ma lui di
Milano sì. Cui aveva cercato di sfuggire trasferendosi a Roma, con tutti i tg e
i teatri di posa – scoprendo la musica a Santa Cecilia e all’Opera di Roma,
mentre la Rai sa solo che si fa ala Scala. Milano non gli aveva dato tregua,
inseguendolo anche in camera da letto, ma ora sembra che non abbia più nulla da
scoprire.
In
realtà Berlusconi fa una mossa politica. Non risolutiva e meno geniale di altre sue. Ma
sarà questo il segno della sua Italia: sotto Berlusconi niente, si può essere giganti
da nani.
Nano gigante
Sperabilmente
Berlusconi libererà pure l’apparato repressivo di Milano, che in questi venti
anni è stato concentrato su di lui. Tutto l’apparato repressivo, e per questo
forse la città è diventata la zona franca del crimine economico. Dei
collocamenti avventurosi, da Tiscali a Saras. Dello spionaggio, per esempio alla
Pirelli-Telecom (ma non è un caso isolato). Dei delitti ogni giorno
impuniti in Borsa (insider, cartelli, false
comunicazioni – quante false comunicazioni). Della cocaina, di cui Milano è la
capitale mondiale. Con precedenti certo,
da piazza Fontana in poi: la maggioranza silenziosa, il “Giornale” di
Montanelli, l’abduzione del “Corriere della sera”, gli affarucci di Gemina, l’Eni-Montedison,
Tangentopoli. Quindi con una certa propensione, ma in questi anni berlusconiani
l’impunità è diventata spudorata. L’apparato repressivo è stato infatti concentrato
su di lui. Con 27 processi – 28 col motu
proprio sulla Mondadori. Di cui 26 chiusi con l’assoluzione o la
prescrizione – che non è mai imputabile all’imputato
– ma questo non vuol dire. Le perquisizioni delle sue aziende e dei suoi
uffici, con comunicati stampa e fotografi al seguito, sono state poco meno di
500. Incalcolabili le intercettazioni. Ventiquattro ore su ventiquattro, telefoniche
e ambientali, negli ambienti anche più intimi. La registrazione per esempio
dell’amplesso sul “lettone di Putin”, fornita poi gentilmente a una prostituta,
che si era già provveduto a fotografare “in quadro” con Berlusconi e poi è stata venduta a buon prezzo a Rai, Sky, “El Paìs”, “The Times”, il meglio dei media
europei. Il tutto dopo il 1993, dopo l’entrata in politica, prima sia il gruppo che Berlusconi erano puliti.
Il passo indietro dovrebbe dunque liberare l’apparato repressivo. Ma questo solo in ipotesi. La
provvisoria condanna di oggi, molto più dura della richiesta della Procura, dopo
un dibattimento durato otto anni, dimostra che a Milano ogni patologia è possibile.
Quello di Berlusconi è un record delle statistiche giudiziarie. Andreotti ha avuto 40 processi. Ma non con tanto clamore, eccetto quello per mafia, e senza perquisizioni. I corpi separati con Andreotti non marciavano. Inoltre, Andreotti non ha avuto le intercettazioni, che sono anch’esse la specialità dei corpi armati dello Stato. Questo parallelo è interessante, una parentesi ci vuole. Forse Andreotti è stato risparmiato perché ha combattuto per primo e in prima persona, dal 1967, questi corpi: dapprima contro il generale Di Lorenzo, poi contro il generale Miceli, generali dei Carabinieri. E un insegnamento sembra doversi trarre, che Berlusconi come Craxi non ha osato, e per questo ha pagato: il mulo vuole la cavezza, corta. Ma allora bisogna dire che non c’è salvezza contro i generali, sia che li si combatta sia che no.
Il passo indietro dovrebbe dunque liberare l’apparato repressivo. Ma questo solo in ipotesi.
Quello di Berlusconi è un record delle statistiche giudiziarie. Andreotti ha avuto 40 processi. Ma non con tanto clamore, eccetto quello per mafia, e senza perquisizioni. I corpi separati con Andreotti non marciavano. Inoltre, Andreotti non ha avuto le intercettazioni, che sono anch’esse la specialità dei corpi armati dello Stato. Questo parallelo è interessante, una parentesi ci vuole. Forse Andreotti è stato risparmiato perché ha combattuto per primo e in prima persona, dal 1967, questi corpi: dapprima contro il generale Di Lorenzo, poi contro il generale Miceli, generali dei Carabinieri. E un insegnamento sembra doversi trarre, che Berlusconi come Craxi non ha osato, e per questo ha pagato: il mulo vuole la cavezza, corta. Ma allora bisogna dire che non c’è salvezza contro i generali, sia che li si combatta sia che no.
Resistente
L’uso
è rappresentarlo tiranno. Con tutte le sue case editrici e le televisioni, e i
soldi con cui compra tutto, i deputati e i senatori, i giudici e i giornalisti,
la cocaina e le minorenni – l’uomo più ricco, etc.. Mentre la verità è che è un
tirchio. Strapaga le ragazze che gli mostrano le tette, ma di tasca sua. Coi
suoi governi le fonti di finanziamento pubblico di giornali, agenzie,
associazioni, fondazioni, anche “culturali”, si sono inaridite. Rispetto ai
governi Prodi, D’Alema, Amato: avevano più rispetto verso i bisogni dell’opinione.
E non conta niente. Non rispetto alle banche: tutte le banche gli sono nemiche,
Intesa Unicredit, Monte dei Paschi, Mediobanca, le Popolari e le Cooperative.
Non conta niente tra i potentati: rispetto ai Bazoli, Moratti, Tronchetti Provera,
De Benedetti, Benetton, e i paraninfi dei potentati stranieri, Della Valle,
Montezemolo, etc. Anche sui media: la verità è che conta, forse, per il 5 per
cento dell’informazione, con il Tg 5, il “Giornale” e “Panorama”, massimo per
il 10. Ma per ciò stesso ha contro tutti gli altri: la Rai, Sky, La 7, la Rizzoli
Corriere della sera, De Benedetti (Repubblica-L’Espresso-Finegil), i giornali capocittà di Caltagirone e Riffeser, le radio, le tv e i siti online del Pd, i comici.
Al Sud non ha per esempio nessun
sostegno, dove pure spopola alle elezioni. In Campania, Calabria, Puglia,
Sardegna, Sicilia i giornali gli sono tutti contro. O dichiaratamente, o nascondendosi nel Centro, la gagliofferia che una volta si diceva democristiana (ora è
casiniana, finiana, etc.). È che lui non ci tiene, ma più di ogni altro avrebbe
titolo a resistente. Anche ora che lascia il campo, la sua
lettera e il suo video non hanno avuto spazio nelle decine di pagine di politica
interna dei grandi giornali. Nonché negli innumerevoli siti democrat che, potenziati
(quindi con un costo), occupano le prima pagine di google. Non più di
Montezemolo che lascia Italo.
Tanta
opposizione dovrebbe essere indizio di democrazia. Un fronte di resistenza
contro il tiranno. Se non che la tirannia si dimostra non esserci. Se non quella
del voto, poiché Berlusconi finora aveva avuto più voti.
È invece
l’opposizione opera di figure poco raccomandabili: banchieri, affaristi, gruppi
di pressione, corpi separati. Per scopi variamente camuffati, per questa o quella causa, ma poi, quando si guarda, solo eversivi - il famoso governo del non governo, degli interessi mascherati. Ossessionanti, ma allora come il terrorismo.
Riuscirà Berlusconi a liberare anche questa opposizione terroristica?
Terrorismo
E
poi ci sono alcune cose che vanno dette. Adesso che non c’è più, non ci sarà
più così ingombrante come è stato finora, se ne può forse parlare liberamente –
in passato si è pagato pegno per questo, con amici e conoscenti.
Il
cerimoniale ridicolo con Gheddafi per il quale lo si affigge era stato provato
a Parigi, tra Gheddafi e Sarkozy. È vero che poi Sarkozy farà fare a pezzi
Gheddafi dai suoi uomini. Ma Berlusconi, allora, è un non vendicativo. È già un
merito in questa Europa. Senza contare che il cerimoniale era stato provato
negli Usa cinquanta anni prima dal rigido Eisenhower quando arrivò il grasso Ibn Seud, il re
saudita, con le sue cinquanta o cento mogli. Insomma è un’etichetta con certi
governanti. Il presidente americano, che non andava mai agli aeroporti ad
accogliere gli ospiti, si precipitò in quel caso, perché Seud disse: “Altrimenti
non scendo dall’aereo”.
Berlusconi
era triste da qualche tempo. Nemmeno il Milan lo stimolava più. Neppure
l’amata televisione: apparire. Per non
dire delle troie, si è fatto monaco, il compagno Zappadu ha dovuto ripiegare
sulle statue. Si pensava la depressione causata dalla sconfitta alle elezioni
nella diletta Milano. E invece no: a tutti, anche a Lino Banfi, ha confidato
che era triste perché i giudici di Milano l’avevano costretto a pagare il
salatissimo riscatto a De Benedetti per la Mondadori. Che non se lo aspettava.
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