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lunedì 29 ottobre 2012

Il Grande Orecchio – il regime è delle intercettazioni 2

astolfo

Le intercettazioni emerse a carico di Anna Maria Tarantola quando era alla Banca d’Italia, senza nessuna ipotesi di reato. Di Bertolaso prima del terremoto dell’Aquila, quando parlava con i membri della commissione Grandi Rischi, sempre senza ipotesi di reato, sempre a opera della Guardia di finanza. Di Tarantini a Bari, idem. Di Moggi per anni, a opera dei Carabinieri. Di Buffon a opera della Guardia di Finanza. Sempre senza ipotesi di reato. Si conferma che c’è un Grande Orecchio in ascolto. Per fini non noti, ma comunque destabilizzanti, servissero pure soltanto a un mercato del gossip invece che al giustizialismo.
Queste intercettazioni non richieste, autorizzate ex post, sono emerse per caso, per inavvertenza. Anche per spocchia, nella presunzione certa dell’impunibilità. È il secondo aspetto del fenomeno, non meno grave del primo:  il Grande Orecchio lavora a progetto? ha la forza del ricatto?
L’Italia, bisogna aggiungere, non è sola. Non nel fatto, perché altrove le intercettazioni sono proibite per legge - come in Italia del resto, ma in Italia la legge vera la fanno gli apparati, i corpi separati, le leggi dei codici, quella votate dal Parlamento, sono per gli avvocati, e gli apparati in Italia sono corpi separati e irresponsabili. Lo spionaggio è anche radicato in Italia, fin dagli anni 1950, quando si trattò di allargare il governo lievemente a sinistra con i socialisti. I socialisti ne furono poi le vittime costanti. Mentre Andreotti, il leader politico che più ha subito processi, 40 all’ultimo conto, se ne preservò attaccando periodicamente i capi dello spionaggio, i generali Di Lorenzo e Miceli. Ma, come per tutto, l’intercettazione all’ultima moda, tecnicamente raffinata e universale, viene dagli Usa.
La serie “The Wire”, che il “New York Times” ha proclamato ai primi di aprile 2012 la più bella degli ultimi 25 anni, è stata anche una delle più popolari. Capitalizzando evidentemente su un gusto dilagante per il buco della serratura. La serie americana è andata in onda in sessanta episodi per cinque stagioni, dal 2002 al 2008 – poi l’hanno superata le banche ladre, sempre sul filo della spregevolezza. Era basata sulle intercettazioni: la scopomania eretta a scopolatria, e a scopocrazia.

Scopomania, scopolatria, scopocrazia
Non solo in Italia, inoltre, le intercettazioni fanno il modello e lo stile di scrittura della parte buona (informativa, di richiamo) dei giornali: politica, cronaca, economia, sport. E, per chi ancora legge, di una parte cospicua della saggistica e della narrativa: la storia politica, la morale (la filosofia), la giustizia, il giallo (politico, economico, sociale, mafioso-noir, giudiziario-procedurale). Lo stile questurino. I dialoghi di più di un giallo sono calchi delle intercettazioni. Per uno scrupolo di realismo, e d’immediatezza dell’espressione, ma anche – facendolo sapere al lettore – per stimolarne la curiosità feticista. Il voyeurismo non è feticismo e lo è: è adorare la mutanda sporca.
Le intercettazioni sono la vecchia lettera anonima. Sono pubbliche, supportate dalla registrazioni. Non sempre, solitamente anzi sono trascrizioni, passi scelti e interpretati, di cui è impossibile ricostruire il contesto e verificare la rispondenza con l’originale, producendosi migliaia di ore di ascolto. Ma sono selettive e mirate, proprio come le lettere anonime, in forma di anticipazioni, indiscrezioni, linee interpretative, pooling di notizie. O allora sono piani segreti di entità segrete. Roba da 007, di autore autorevole anche se anonimo. E, sceneggiati convenientemente, secondo un disegno, con ruoli fissati, senza possibilità d’improvvisazione. I cronisti giudiziari, che grazie alle intercettazioni sono giunti a monopolizzare i giornali, chi l’avrebbe detto, erano poco sopra il redattore alle lettere, non sono felici.

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