Le
intercettazioni emerse a carico di Anna Maria Tarantola quando era alla Banca
d’Italia, senza nessuna ipotesi di reato. Di Bertolaso prima del terremoto
dell’Aquila, quando parlava con i membri della commissione Grandi Rischi,
sempre senza ipotesi di reato, sempre a opera della Guardia di finanza. Di
Tarantini a Bari, idem. Di Moggi per anni, a opera dei Carabinieri. Di Buffon a
opera della Guardia di Finanza. Sempre senza
ipotesi di reato. Si conferma che c’è un Grande Orecchio in ascolto. Per
fini non noti, ma comunque destabilizzanti, servissero pure soltanto a un
mercato del gossip invece che al
giustizialismo.
Queste
intercettazioni non richieste, autorizzate ex post, sono emerse per caso, per inavvertenza.
Anche per spocchia, nella presunzione certa dell’impunibilità. È il secondo
aspetto del fenomeno, non meno grave del primo: il Grande Orecchio lavora a progetto? ha la
forza del ricatto?
L’Italia,
bisogna aggiungere, non è sola. Non nel fatto, perché altrove le
intercettazioni sono proibite per legge - come in Italia del resto, ma in
Italia la legge vera la fanno gli apparati, i corpi separati, le leggi dei
codici, quella votate dal Parlamento, sono per gli avvocati, e gli apparati in
Italia sono corpi separati e irresponsabili. Lo spionaggio è anche radicato in
Italia, fin dagli anni 1950, quando si trattò di allargare il governo
lievemente a sinistra con i socialisti. I socialisti ne furono poi le vittime
costanti. Mentre Andreotti, il leader politico che più ha subito processi, 40
all’ultimo conto, se ne preservò attaccando periodicamente i capi dello
spionaggio, i generali Di Lorenzo e Miceli. Ma, come per tutto, l’intercettazione
all’ultima moda, tecnicamente raffinata e universale, viene dagli Usa.
La serie “The Wire”, che il “New
York Times” ha proclamato ai primi di aprile 2012 la più bella degli ultimi 25
anni, è stata anche una delle più popolari. Capitalizzando evidentemente su un
gusto dilagante per il buco della serratura. La serie americana
è andata in onda in sessanta episodi per cinque stagioni, dal 2002 al 2008 –
poi l’hanno superata le banche ladre, sempre sul filo della spregevolezza. Era
basata sulle intercettazioni:
la scopomania eretta a scopolatria, e a scopocrazia.
Scopomania, scopolatria, scopocrazia
Non
solo in Italia, inoltre, le intercettazioni fanno il modello e lo stile di
scrittura della parte buona (informativa, di richiamo) dei giornali: politica,
cronaca, economia, sport. E, per chi ancora legge, di una parte cospicua della
saggistica e della narrativa: la storia politica, la morale (la filosofia), la
giustizia, il giallo (politico, economico, sociale, mafioso-noir,
giudiziario-procedurale). Lo stile questurino. I dialoghi di più di un giallo sono calchi delle
intercettazioni. Per uno scrupolo di realismo, e d’immediatezza
dell’espressione, ma anche – facendolo sapere al lettore – per stimolarne la
curiosità feticista. Il voyeurismo non è feticismo e lo è: è adorare la mutanda
sporca.
Le intercettazioni sono la vecchia lettera
anonima. Sono pubbliche, supportate dalla registrazioni. Non sempre, solitamente
anzi sono trascrizioni, passi scelti e interpretati, di cui è impossibile
ricostruire il contesto e verificare la rispondenza con l’originale, producendosi
migliaia di ore di ascolto. Ma sono selettive e mirate, proprio come le lettere
anonime, in forma di anticipazioni, indiscrezioni, linee interpretative, pooling di notizie. O allora sono piani
segreti di entità segrete. Roba da 007, di autore autorevole anche se anonimo. E,
sceneggiati convenientemente, secondo un disegno, con ruoli fissati, senza
possibilità d’improvvisazione. I cronisti giudiziari, che grazie alle
intercettazioni sono giunti a monopolizzare i giornali, chi l’avrebbe detto,
erano poco sopra il redattore alle lettere, non sono felici.
Nessun commento:
Posta un commento