mercoledì 10 ottobre 2012

Il mondo com'è (113)

astolfo

Colonialismo - La miseria delle colonie andrebbe detta – l’imperialismo è già meglio, anche se di poco. Il colonialismo è sempre straccione: torme di spocchiosi disadattati, i migliori erano solo poveri, spinti in Africa con la offa del letto gratis e della superiorità. Conquistatrici e quindi elette, nobilitate, eroicizzate. Per il potere degli sciocchi, i ranocchi che si proclamano re. Con corteo di apologeti, etnografi, antropologi, destini manifesti e missioni, di civiltà fondate sul sangue bianco, i pantaloni alla caviglia e i fucili.

Un progetto insano prima che malsano, in netta perdita per la dignità, nonché per le casse degli Stati, che il danno subirono ingente. La Libia di Mussolini ne è epitome ingloriosa, che tra le nequizie di Graziani e le grandezzate di Balbo non cercò il petrolio. Si dice che non l’ha trovato e invece non l’ha cercato, Desio aveva ragione: ai suoi geologi era incomodo già solo parlare coi miseri fellah, che l’olio bruciavano. Farsi un impero nel deserto, c’è da perdere la fede, nella civiltà e la missione.
L’Italia nell’Ogaden è storia non si sa se più comica o truce. Fino a quel ministro degli Esteri che la Somalia disse contigua alla Libia. Ci vollero cinquant’anni per dare un senso alla Somalia, inventandosi le banane. Mentre la Francia i socialisti sgraditi e i normanni pallidi ingolfava nei miasmi del tropico, a produrre noccioline e legno tek, o vino nel Maghreb per gli arabi astemi. L’economia delle noccioline e le banane, par di sognare, ma consente di sentirsi farmer in Africa, signorotti. Perfino Karen Blixen ci ha creduto, tra sporcizia, solitudine, debiti, e con lo scolo, se non fu sifilide.

Tutt’altra cosa, andando a ritroso, i posti di commercio che portoghesi, genovesi e veneziani aprirono all’Est, sull’Egeo o l’Oceano Indiano, che trattavano alla pari, seppure arricchendosi, con gli arabi e ogni altro asiatico, il negozio non ha mai fatto male a nessuno, il doux commerce illuminista. Tutt’altra cosa la conquista dell’America, mossa da un progetto e con vantaggio di tutti. Anche se perversi, avendo sortito la storia peggiore dell’umanità, di razzie e schiavitù.
L’imperialismo è un disegno, seppure in perdita. Il colonialismo è un disegno della peggiore stupi-dità europea, l’era dei primati. Che si esercitano nella violenza: gliele suoniamo, siamo superiori. E a chi suonarle più facile che ai ghezzi?
Il maresciallo d’Italia Graziani buttava i libici vivi dall’aeroplano. In Etiopia il maresciallo Badoglio spargeva dagli aerei bombe incendiarie, per lo spasso dei figli del Duce in gita, che degli africani in corsa ridevano: “Sembrano formiche”. L’Inghilterra si assoggettò l’India per tagliare le mani agli indiani, che non filassero le cotonate. E la Cina per costringerla a drogarsi. L’Italia e la Germania scoprivano l’Africa a fine Ottocento, quando il continente era già morto, soffocato. Con esploratori, geografi, misuratori di crani e mercanti d’arte, barbuti, boriosi e ignoranti, biblioteche di studi afroasiatici opportunamente andrebbero al macero, se non fossero già rose intonse dai vermi, mai tanta scienza fu vuota.

La Gran Bretagna ha guadagnato molto più dagli Usa dopo l’indipendenza. Così la Francia in Algeria. La Francia è stata una potenza mondiale fino alla Rivoluzione. Padrona di metà dell’America del Nord, di cui non capì l’importanza, se la vendette per niente. Poi immaginò di sottomettersi l’Europa, progetto insano, vivacchiò tra gli affarucci della monarchia orleanista, visse a teatro per venti anni con Napoleone III, e per quaranta col coltello tra i denti della Terza Repubblica, la Repubblica laica, cattiva perfino con l’Italia – alla sommatoria della storia francese nell’Ottocento l’unico segno più è la creazione dell’Italia attraverso i Savoia (tesi peraltro oggi contestata: la storiografia aggiornata vede la Francia conculcatrice della Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi, che sarebbe stata la vera rivoluzione italiana). Poi vennero i prestiti al khedivé e ai capi tribù balcanici. E solo col petrolio un po’ di senso pratico, con l’Anglo-Persian, l’Iraq Petroleum, la Shell, la Compagnie Française des Pétroles, e i robber barrons. E un fondamento alla teoria di Lenin, se tale bisogna considerare il suo libercolo, dell’imperialismo suprematista.

Italia – La storia della Repubblica è presto fatta: una costante guerra civile. Fredda, e calda.
La guerra fredda la Repubblica, unico caso nel vasto Occidente, l’ha avuta in casa. E ce l’ha ancora, per tramite delle retroguardie, sperdute ma dannosissime: giudici e redattori capo.

Si fa difetto alla storia dell’Italia di una mancata rivoluzione, la Riforma prima, l’Ottantanove dopo. Mentre ebbe entrambe, in altre forme – senza le guerre civili, o contadine, e senza la ghigliottina. Si fa il duplice addebito senza peraltro giustificativo, se non un’errata lettura di Max Weber, che ne lega la modernizzazione alla Riforma – e un persistente anticlericalismo. Il clericalismo in realtà si è saputo governare, aggiornandosi (modernizzandosi). Bologna non si governava male al tempo del papa. Né altre nazioni “latine” o “cattoliche” hanno i difetti dell’Italia: il burocraticismo e la corruzione. In Spagna e in Francia non c’è bisogno di tre anni e dieci regolamenti per applicare una legge. Né esiste la mazzetta di prammatica. Nella stessa Italia il Vaticano sa essere efficiente nei suoi residui possedimenti. Negli ospedali, per esempio, che costano alle Asl la metà degli ospedali italiani. Ha deciso un megagarage a Roma per il Giubileo e l’ha realizzato – l’Italia ha cercato di ostacolarlo, ma non c’è riuscita. Sempre a Roma i Musei Vaticani si sono rifatti la porta e gli ingressi, sbrecciando le Mura senza che l’Italia potesse opporsi, mentre Firenze ancora discute, dopo trent’anni, di Isozaki e l’ingresso agli Uffizi. I vizi e i ritardi dell’Italia – l’imbroglio e l’affarismo, la nessuna rilevanza della legalità - si possono addebitare all’avidità del laicismo della manomorta. Senza giustificativo, neanche in questo caso, ma con più verosimiglianza. I regni e i principati italiani non erano così attardati rispetto al cuore dell’Europa, soprattutto rispetto al conglomerato teutonico, come lo diventerà l’Italia unita. Quella laica e quella fascista, e tutto sommato anche quella repubblicana: la Dc è figlia della stessa Italia, e a parte la scelta dell’Occidente e dell’Europa non ha fatto molto.,

Mentalità - Non sarà un pregiudizio storiografico? Non etnografico, è bene distinguere. Il cambio di mentalità, ritenuto il processo più lento, a maggiore persistenza, rispetto alla demografia, alla salute, all’economia, è invece passibile, rispetto a queste, di accensioni fulminee. Per eventi perfino accidentali. La vittoria della Francia “tricolore e multicolore” al Mondiale di calcio nel 1998 ha disinnescato il sentimento montante del razzismo in Francia. Analogo effetto ebbe in Italia la vittoria del 1982 al Mondiale di Spagna: per qualche settimana le città furono più ordinate, e un’ondata di proficuo ottimismo si riverberò sugli anni successivi.

Non è fatta di grandi sentimenti, ma di piccoli. Più alla portata del singolo, della massa.
Si prenda il papa, invece del calcio. Il papa tedesco non suscita emozione in  Germania, nemmeno tra i cattolici. Mentre il papa polacco mobilitò la Polonia a tal punto che l’impero sovietico ne è stato destabilizzato. Sembra l’effetto di una diversa connotazione del  nazionalismo in Europa negli ultimi decenni, mentre invece è probabilmente il segno della profonda dereligiosità della Germania, pur pietista, in linea con la Riforma. La stessa Germania divenuta ora militante e “un sol uomo” contro la Grecia (e l’Italia), sospettando di dover mettere la mano al portafoglio. Senza che si possa dire razzista o sciovinista, la Germania ama la Grecia (e l’Italia). 

astolfo@antiit.eu






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