L’impersonale
qui Simone Weil elabora in antitesi al personalismo, la filosofia
“cristiana” di E. Mounier alternativa negli anni 1930 al liberalismo e al
comunismo: è l’essere sociale, impersonale,
che ha accesso al sacro, cioè al bene, alla verità. “Il bene è l’unica fonte
del sacro. Solo il bene e ciò che è relativo al bene è sacro” e “Tutto ciò che
nell’uomo è impersonale è sacro, e nient’altro lo è”. Il dolore lo è,
l’ingiustizia, e la sorpresa che essa genera. “Ciò che è sacro nella scienza è
la verità. Ciò che è sacro nell’arte è la bellezza. La verità e la bellezza
sono impersonali”. In altro modo: “Se un bambino si sbaglia nell’eseguire
un’addizione, l’errore porta l’impronta della sua persona. Se procede in maniera perfettamente corretta,
la sua persona è assente dall’intera operazione. La perfezione impersonale”
Impersonale non è collettivo,
“neppure nelle sue forme inferiori” (“un gruppo di esseri umani non è in grado
di fare neanche un addizione”). Anzi, “l’errore che attribuisce alla
collettività un carattere sacro è idolatria; in ogni epoca e in ogni paese è il
crimine più diffuso”. Errore peggiore di questa idolatria è eliminate il senso
del sacro. Con un esempio sui due errori
ancora più sorprendente, per una combattente da sempre, dal 1933 e ancora
prima, del nazionalismo tedesco e del nazismo: “Dal punto di vista spirituale la
lotta tra la Germania del 1940 e la Francia del 1940 era principalmente una
lotta non tra barbarie e civiltà , non tra il male e il bene, bensì tra il
primo errore e il secondo. La vittoria del primo non è sorprendente; il primo è
di per sé più forte” – nel 1942.
Simone Weil, La persona e il sacro, Adelphi, pp. 78 € 7
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