La giovinezza unisce entrambi i
capolavori: Katherine Mansfield è la scrittrice che ebbe sempre vent’anni,
inventiva, avventata, sventata. Gli “Appunti” (“Scrapbook”) 1914-1922, con
pagine dell’anno 1905 e successivi, pubblicati postumi da Middleton Murry nel
1927, sono una fonte zampillante di cose viste – la “ventenne” aborriva dalle
confessioni. Soprattutto vivaci riescono gli abbozzi narrativi. E una domanda
impongono: come si conciliano le tante letture spiritualistiche, qui annotate,
mediocri, lutulente (Katherine finirà a ripulire i porcili da Gurdjieff), con
le nitide narrazioni. Emilio Cecchi, nel saggio che accompagnò la prima
traduzione di E. Morante e Feltrinelli non ripropone, fa di Katherine, a una seconda
lettura, un caso di “americanismo”, di creatività ingenua – criterio assurdo, riflesso
del “cazzone americano”.
Gli “Appunti” sono un libro fortunato,
che esce contemporaneamente in tre edizioni, dopo averne esaurite un paio negli
anni 1950 e 1970. Le prime due utilizzano la traduzione che Elsa Morante aveva
affrontato prima ancora dei racconti, sfollata nel 1943 a Fondi con Moravia. L’edizione
Robin ha invece una scelta e una traduzione diversa, a cura di Sonia Ciampoli.
L’edizione SE è arricchita da una nota biografica di Franca Cavagnoli, e da una
folta sezione di foto d’epoca.
Katherine Mansfield, Quaderno di appunti, Feltrinelli, pp. 220 € 9
Quaderno
d’appunti,
SE, pp. 204 ill., € 16
Diari, Robin, pp. 259
€ 16
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