Contiguità. Può darsi che il Comune di Reggio Calabria sia infetto dalla mafia, e può darsi di no – il sindaco si era segnalato finora come avvocato delle organizzazioni antimafia. Ma non potremo saperlo proprio per questo, perché la ministra Cancellieri ha inaugurato un altro reato fantasma, la contiguità.
Come dire che? Abitare nelle vicinanze di un mafioso? Incrociarlo per strada? Parlarne con gli amici? Chiunque abita in una zona di mafia ora è imputabile. Questo si penserebbe sia tutto il contrario della lotta alla mafia, questa confusione di tutti con tutti. Non ci sono più gli onesti e i malviventi, tutti sono malviventi, all’occhio del maresciallo dei carabinieri, nelle carte delle sue insindacabili Note di servizio. Tutti cioè sono innocenti, non c’è bisogno di avvocati cari per argomentarlo.
La stessa ministra-prefetto, quando ci sarà un governo che ci renderà giustizia di Monti, sarà giudicata contigua alle banche. Mentre, come tutti i mediocri, è solo un debole, che ha interinato un reato che le “forze dell’ordine” insistentemente le proponevano: disporre di questo e quello a piacere. Quindi, se non più per “concorso in associazione esterna”, reato sempre più indigesto anche ai giudici col pelo sullo stomaco, inventandosene un altro, la contiguità.
È nel concetto labile di legalità che la mafia ha prosperato e prospera – ciò che nelle zone di mafia si lamenta ormai da più di un secolo come “mancanza di giustizia”. Questo lo sanno tutti, lo ammettono anche gli storici di mafia “in linea”. Ma un trentennio a questa parte c’è di più: è mescolando la mafia con l’antimafia che la mafia prospera, relativamente indisturbata – gli arresti dei latitanti di lungo corso sembrano anzi farle bene, si ringiovanisce, si rinnova. La mafia prospera sulla buona fede, si vorrebbe dire, dell’apparato repressivo. Se non che l’apparato repressivo non è stupido, sa cosa fa e perché. Invece di prendere il mafioso subito, e non dopo venti o trent'anni.
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