sabato 20 ottobre 2012

Memorie allegre dell’Urss

Quattro racconti che si leggono senza poter smettere. Distillato dell’amabilità dell’autore, morto prematuramente tre anni fa a Roma. Sociologo politico e narratore, a suo agio nel racconto lungo. Quattro racconti di una realtà, la sovietica, vecchia e insieme nuovissima. Che si rimuove benché sia stata parte larga della storia della Repubblica (o per questo?) – di essa lo scrittore si era dovuto fare da ultimo storico, per la messe disponibile di documenti tra Mosca e il Pci che non trovavano, e non trovano, storico professionale.
Benché in esilio dall’Urss dal 1975, Zaslavsky fa una rappresentazione senza malanimo, e anzi esilarante, dell’ottusità e la violenza sovietiche. Sono racconti dello sfollamento da Leningrado assediata, cinque anni nei quali il bambino dimentica i genitori. Della coppia di contadini poveri e sciancati che per cinque anni nutrono tre cittadini sfollati. Di una famiglia alta in grado nella nomenclatura i cui membri, genitori, zie, zii, da un giorno all’altro perdono tutto, lavoro, casa, prima o poi avviene, e non sanno perché. Delle insensatezze della vita accademica, privilegiata e sempre a rischio. Di una sorprendente umanità nell’Unione Sovietica, c’era pure quella.
Victor Zaslavsky, Il mio compagno di banco Ramón Mercader, Sellerio, pp. 171 € 12

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