Il
problema vero, fuori dell’orrida opinione pubblica tedesca, è la sostenibilità
del debito, la capacità di ripagarlo. Che si semplifica nel rapporto debito\pil
(prodotto interno lordo). La Germania, per esempio, ha una buona sostenibilità
grazie all’economia solida. Anche se sarebbe a livello greco per l’ammontare
del debito, e soprattutto dei trucchi per occultarlo. Tra essi, per esempio, i
disavanzi e le perdite colossali delle banche regionali, le finanziarie della
sottopolitica. Anche il Giappone ha un debito sostenibile, pur essendo il suo
rapporto debito\pil vicino al 200 per cento. O gli Usa, con un rapporto analogo
a quello italiano e in forte peggioramento.
Solo
l’Africa non ha debito. Non è un buon caso. L’“Economist” ha adottato un
orologio del debito mondiale, sull’esempio di quello che a Times Square a New
York segna implacabile la crescita istante per istante del debito Usa. E lo ha
assortito di un atlante mondiale del debito: il planisfero adagiato sulla
pagina è verde nella parte meridionale, eccetto le rosse Australia e Nuova
Zelanda, e un po’ d’America tranquillo, e rosso in quella settentrionale, Cina
compresa.
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