lunedì 15 ottobre 2012

Non c’è ricchezza senza debito

L’ideologia tedesca è da qualche tempo quella del debito – era dell’inflazione, ora del debito. La paura del debito. I vincoli al debito.  A quello degli altri.
Il problema vero, fuori dell’orrida opinione pubblica tedesca, è la sostenibilità del debito, la capacità di ripagarlo. Che si semplifica nel rapporto debito\pil (prodotto interno lordo). La Germania, per esempio, ha una buona sostenibilità grazie all’economia solida. Anche se sarebbe a livello greco per l’ammontare del debito, e soprattutto dei trucchi per occultarlo. Tra essi, per esempio, i disavanzi e le perdite colossali delle banche regionali, le finanziarie della sottopolitica. Anche il Giappone ha un debito sostenibile, pur essendo il suo rapporto debito\pil vicino al 200 per cento. O gli Usa, con un rapporto analogo a quello italiano e in forte peggioramento. 
Solo l’Africa non ha debito. Non è un buon caso. L’“Economist” ha adottato un orologio del debito mondiale, sull’esempio di quello che a Times Square a New York segna implacabile la crescita istante per istante del debito Usa. E lo ha assortito di un atlante mondiale del debito: il planisfero adagiato sulla pagina è verde nella parte meridionale, eccetto le rosse Australia e Nuova Zelanda, e un po’ d’America tranquillo, e rosso in quella settentrionale, Cina compresa. 

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