“Con l’Abruzzo, la nuova carcerazione di
Loris Zaffra a Milano, e le incriminazioni di Roma, i giudici si muovono
chiaramente nella strategia del colpo di Stato. Un golpe moderno, anzi
contemporaneo, che scaccia il segreto e la congiura, restringendole a un’intesa
fra Procuratori della Repubblica, e forse neppure a quella, tutto deve apparire
casuale. Un golpe anzi che accende i riflettori, per sfruttare l’effetto
pubblicità, ma non per questo meno sedizioso.
“La strada tracciata da Agostino
Cordova, difensore della categoria contro le intromettenze del partito
Socialista e dei suoi ministri, si è rivelata una facile e utile autostrada per
sbaragliare governo e parlamento. Dal “voto mafioso” si estende la colpevolezza
della politica alla mancata vigilanza (in un incarico di partito, quindi
privato, come quello di Zaffra, non pubblico), al clientelismo, a qualsiasi
autonoma decisione di un organo di governo (Roma), anche se non c’è delitto né
profumo di delitto. In Abruzzo, a Roma e nel caso Zaffra anche a Milano, i
Procuratori hanno aspettato, ma, non vedendo maturare se non per casi singoli e
minori i reati politici, hanno agito infine all’impazzata.
“Il golpe si giova del buon lavoro
svolto da alcuni magistrati (Di Pietro, Papalia). E dell’affetto per i martiri
Falcone e Borsellino. Presentandosi come la forza delle mani nette. Ma è gente
che non ha mai colpito, nemmeno isolato, i ladri e i malfattori all’interno
della sua categoria. E non ha fatto autocritica su Falcone e Borsellino, così
pesantemente isolati dalla categoria e posti nel collimatore dei
malintenzionati.
“Le nuove aggregazioni politiche,
attorno a Mario Segni i moderati, a Martelli e Veltroni i riformisti, potranno
chiudere il golpe e restituire l’Italia alla democrazia? No. Martelli lo sa
già. Saprà Segni schiacciare la testa del serpente? Lo vorrà? È più probabile
che non siano Segni e\o Martelli i beneficiari politici del golpe: i riferenti
dei golpisti sono Bossi e Fini, i patroni politici della corporazione
giudiziaria”.
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