giovedì 18 ottobre 2012

Quando il golpe accese i riflettori

Vent’anni fa, giorno per giorno:
“Con l’Abruzzo, la nuova carcerazione di Loris Zaffra a Milano, e le incriminazioni di Roma, i giudici si muovono chiaramente nella strategia del colpo di Stato. Un golpe moderno, anzi contemporaneo, che scaccia il segreto e la congiura, restringendole a un’intesa fra Procuratori della Repubblica, e forse neppure a quella, tutto deve apparire casuale. Un golpe anzi che accende i riflettori, per sfruttare l’effetto pubblicità, ma non per questo meno sedizioso.
“La strada tracciata da Agostino Cordova, difensore della categoria contro le intromettenze del partito Socialista e dei suoi ministri, si è rivelata una facile e utile autostrada per sbaragliare governo e parlamento. Dal “voto mafioso” si estende la colpevolezza della politica alla mancata vigilanza (in un incarico di partito, quindi privato, come quello di Zaffra, non pubblico), al clientelismo, a qualsiasi autonoma decisione di un organo di governo (Roma), anche se non c’è delitto né profumo di delitto. In Abruzzo, a Roma e nel caso Zaffra anche a Milano, i Procuratori hanno aspettato, ma, non vedendo maturare se non per casi singoli e minori i reati politici, hanno agito infine all’impazzata.
“Il golpe si giova del buon lavoro svolto da alcuni magistrati (Di Pietro, Papalia). E dell’affetto per i martiri Falcone e Borsellino. Presentandosi come la forza delle mani nette. Ma è gente che non ha mai colpito, nemmeno isolato, i ladri e i malfattori all’interno della sua categoria. E non ha fatto autocritica su Falcone e Borsellino, così pesantemente isolati dalla categoria e posti nel collimatore dei malintenzionati.
“Le nuove aggregazioni politiche, attorno a Mario Segni i moderati, a Martelli e Veltroni i riformisti, potranno chiudere il golpe e restituire l’Italia alla democrazia? No. Martelli lo sa già. Saprà Segni schiacciare la testa del serpente? Lo vorrà? È più probabile che non siano Segni e\o Martelli i beneficiari politici del golpe: i riferenti dei golpisti sono Bossi e Fini, i patroni politici della corporazione giudiziaria”.

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