Si discute perché la Scala apra l’anno verdiano con Wagner. “È come se a Bayreuth aprissero l’anno wagneriano con Verdi”, sussurra un orchestrale a Torno. Senza che la Scala o il Comune si difendano. Perché il fiuto è sempre forte a Milano, il fiuto del vincitore. L’anno non è della Germania?
Similmente
per la VW. Che offre alcune diecine di borse di studio a ingegneri neolaureati
del Sud Europa. Non una grande spesa, meno di una pubblicità istituzionale nei giornali
degli stessi paesi. Una trovata
pubblicitaria eccellente.
Si può trarne
un paragone utile con la mancanza di fantasia alla Fiat. Che magari da più
lavoro – e non borse – a giovani ingegneri dell’Est Europa o dell’Asia, ma non
lo sa. Milano invece ne fa un’occasione per celebrare la Germania invitta.
Si dice
che l’unità d’Italia è recente, e va ancora costruita. È invece vecchissima. Ha
cambiato pelle più volte, e semmai va vista come una mutazione perpetua,
inquieta.
Monti prospetta
i paesi del Sud Europa come una Questione Meridionale, nell’intervista con
Federico Fubini che apre il libro dei suoi articoli al “Corriere della sera”. Uno
scadimento che prospettò per l’Italia nel 1999 all’avvio dell’euro,
l’unificazione monetaria dell’Europa, e che oggi ritiene “in parte”
intervenuto. Avviene, spiega, quando si entra in un’altra dimensione, o realtà,
senza darsene gli strumenti, senza adeguarvisi.
Calabria
Nessun altro Sud
suscita sentimenti di “alterità” nei nativi. Non Napoli certamente, non la
Puglia né la Sicilia, non la Sardegna. Solo la Calabria suscita collera e
repulsione, tra gli emigrati e gli stazionari in uguale misura. Altrove
l’odio-di-sé meridionale è temperato da un’immedesimazione di fondo, non è
repulsione. In Calabria può esserlo, e spesso lo è: il più feroce
antimeridionalismo, razzista, trova sostenitori e corrispondenti in Calabria
(informatori, denunciatori).
Un rifiuto analogo si
reperiva nel Terzo Mondo all’epoca del ribellismo, negli anni 1960-1970, e più
in quello con più storia, l’America Latina. Ora si riscontra in Africa. Nel
Terzo Mondo cioè che non ha trovato una strutturazione, una consistenza
sociale, nazionale, dopo il colonialismo, e cerca la libertà nel rifiuto. Che è
fatalmente di se stessi.
Ci sono più Lombardo e
Lombardi in Calabria che greci e albanesi. Hanno diritto anche loro a una
cultura protetta?
Un tempo i lombardi,
anche svizzeri, cercavano fortuna al Sud. Un tempo remoto, molti secoli fa, e
recente, degli affari dopo l’unità.
“Ho guardato
Aspromonte”, scriveva a un amico Pascoli ellittico, professore a Messina, “così
bello quando è soffiato, alitato,
come ho da dire, al tramonto”. Voleva dire afflatus,
il latino di cui costruisce un calco: che respira ed è respirato, mosso dai
venti.
È stata a lungo il
Salento, “Calabria” come luogo di abbondanza. Che si collega all’acqua, al mare?
Calabria e Salento sono entrambe due penisole.
Nel viaggio immaginario
di Vittorini, “Conversazione in Sicilia”, la Calabria gli si presenta reale:
“Paese di fumo e di gallerie, e fischi inenarrabili di treno fermo, nella
notte, in bocca a un monte, dinanzi al mare, di nomi da sogni antichi, Amantèa,
Maratèa, Gioia Tauro”.
Nel 1924, dopo il
delitto Matteotti, pervenne a Reggio non si sa come la notizia che il fascismo
era crollato. La città scese per le strade, in un a manifestazione di giubilo,
in testa i caporioni del fascismo.
A zannella
Viene derivata dagli
etimologisti, compreso il Rohlfs, da Zane o Zanne, nel senso di Gianni. Ma
piace connetterla agli zanni della commedia dell’arte, il servo astuto, il trickster insidioso, il giufà o finto
tonto. Una figura tra la beffa e la bestemmia, uno sberleffo alla realtà, che sempre
il povero (solo, derelitto, sfortunato)
vuole matrigna.
È una pratica costante, quotidiana, di cui gli
aneddoti sono quindi infiniti. Antonio Delfino vi eccelle, misurato, nelle sue
raccolte di racconti, “La nave della ‘ndrangheta”, “Il raglio dell’asino”.
Umberto Santino, introducendo la raccolta di Domenico Zappone, “Il pane della
Sibilla”, da lui curata attorno ai “luoghi di Corrado Alvaro”, ne ricorda due
stravaganze per cui lo scrittore palmese divenne famigerato negli anni 1950:
“Corrispondente da Palmi della sede Rai regionale, diffuse per radio due
notizie che destarono grande attenzione e che commossero”. Di un pescespada
maschio che si arena alla marina di Palmi “per seguire lo stesso destino di
morte della femmina che era stata arpionata”. E “quella di Bobby, il cane che
attraverso a nuoto lo Stretto per tornare a Scilla dal padrone che, col cuore
straziato, lo aveva abbandonato a Messina perché non poteva pagare la tassa
comunale”.
A Brancaleone al tempo del confino di Pavese,
nel 1935, uno stimato medico, Vincenzo de Angelis, aveva inventato e praticava
a maggio la Festa del Riposo. Avendo Mussolini abolito il Primo maggio, il
dottore, socialista, massone, antifascista, convitava i concittadini a bere
liberamente, in campagna in cima al paese, e a fischiare. Distribuiva infatti
fischietti a volontà, che in coro si esercitavano liberamente.
L’ultimo caso è quello della cittadinanza onoraria di san Giovanni in Fiore a Barack Obama, candidato alla Casa Bianca, a fine agosto 2008. Per avere fatto riferimento, “per tre volte”, all’abate Gioacchino da Fiore nei suoi discorsi. Il “tre volte” evangelico, per discorsi che Obama non s’era neppure sognato. Senza problemi: il sindaco che gli “concesse” la cittadinanza, con tanto di delibera, poi non gliela inviò – se la storia non è di Pippo Marra, l’editore-direttore di AdnKronos International, che la redasse in ottima forma. Solo, la cosa fece il giro del mondo. Sei mesi dopo il Vaticano si costrinse a spiegare che “il monaco di Obama” era un eretico. E un’altra ondata pubblicistica si sollevò.
L’ultimo caso è quello della cittadinanza onoraria di san Giovanni in Fiore a Barack Obama, candidato alla Casa Bianca, a fine agosto 2008. Per avere fatto riferimento, “per tre volte”, all’abate Gioacchino da Fiore nei suoi discorsi. Il “tre volte” evangelico, per discorsi che Obama non s’era neppure sognato. Senza problemi: il sindaco che gli “concesse” la cittadinanza, con tanto di delibera, poi non gliela inviò – se la storia non è di Pippo Marra, l’editore-direttore di AdnKronos International, che la redasse in ottima forma. Solo, la cosa fece il giro del mondo. Sei mesi dopo il Vaticano si costrinse a spiegare che “il monaco di Obama” era un eretico. E un’altra ondata pubblicistica si sollevò.
In Jane Austen qualcuno
ha “la non incerta impressione che l’ironia sia un insulto celato in un
sorriso”. Ma bisogna essere granitici per pensarlo, tutti d’un blocco. L’ironia
è anzitutto uno scherzo, una forma giocosa. Può essere una forma di crudeltà.
Ma più allora allora, in questa forma
istintiva e costante, contro se stessi. La stessa
“ironia corrosiva” che è la cifra di Zappone, e l’“eccesso”, Santino imputa
alle “dolorose condizioni esistenziali” dello scrittore – sopravvisse
trent’anni a una grave ferita di guerra. Ma si può meglio imputarli a un
disadattamento, o indiretto ribellismo, esistenziale e sociale insieme, e
perfino regionale. Per quell’etichetta “Calabria” sovrimpressa – non sempre
ostilmente – e ormai indelebile, interiorizzata. Che non si accetta e non si sa
rifiutare.
leuzzi@antiit.eu
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