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mercoledì 21 novembre 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (152)

Giuseppe Leuzzi

“Il dominio naturale ha Comunità naturale, il violento violenta” – è uno degli “Aforismi politici” di Campanella, 1601. Da quando il Sud è diventato violento? Da dopo l’unità – la Calabria dopo la Repubblica.

“La polizia moderna non teme le parole, teme i fatti”, riflette C. Alvaro in “Quasi una vita”, p. 53: “Ma anche le parole possono servire. Sono poche quelle che sfuggono a questo sospetto. Ed è una fama divulgata ad arte, per dissociare il corpo sociale”. Dissociare il corpo sociale, bisogna pensarci.

Piove al Nord, è l’effetto serra (cambiamento climatico). Piove al Sud, è la speculazione (mafia, abusivismo, sfascio idrogeologico).

“Abbasso Roma!” era già un libro della Rizzoli del 1964. L’aveva scritto Massimo Simili, un umorista.

Norberto Bobbio fu molto severo col Sud quando cominciò a scrivere sui giornali. “Settentrionalista” lo trovava Franco Fortini a 40 anni, nel 1955, nell’affettuoso, estremamente elogiativo, ritratto che ne fa in “Asia Maggiore”, al ritorno da un viaggio organizzato in Cina.

Milano è sorda?
Milano limita la musica alla prima della Scala. Pur avendo speso molto per diventare città musicale. Nutrì Mozart e Sammartini, e Giovannino Bach. Ma la biblioteca della sola casa Palfy a Vienna, annotò Stendhal, contava più di mille composizioni di Sammartini. Una città meno distratta dagli affari avrebbe accumulato di più, Milano butta via troppe cose.
Il direttore del Conservatorio Basily non ammise Verdi perché di “scarse attitudini musicali”. Rossini ventenne vi inaugurò senza seguito il crescendo, ne “La pietra del paragone”, che non c’è ancora nel “Tancredi” e nell’“Italiana”. Lo rubò, secondo Stendhal, a Giuseppe Mosca, musicista di cui nient’altro si sa – tornerà conte nel romanzo dello scrittore, è un conte l’amato della “Pietra del paragone”.
Anche la Prussia tentò di diventare musicale. Nel 1788 il re di Prussia Federico Guglielmo II, violoncellista, cercò di portare Mozart a Berlino, sottraendolo a Vienna. Nel 1796 provò con Beethoven, che ne fu tentato. Ma l’anno dopo il re morì: che ne sarebbe stato della Prussia e la Germania se Mozart e Beethoven avessero lavorato per gli Hohenzollern invece che per gli Asburgo? Si sarebbero dedicate al canto invece che alle caserme. Anche Marx e il comunismo sarebbero nati musicali, avrebbero cantato il socialismo della cattedra, e  Kautsky, perché no, Rosa Luxemburg, Lenin. Milano dunque non sarà sorda?
Vero è che è dispersiva, pure Manzoni se ne stava a Parigi, in Toscana e a Brusuglio. O che pure Milano non sarebbe milanese: è sporca e inefficiente. Sembra che la mattina, invece di riordinarsi, si spettini, e esca cisposa.

Perché non ci sono barzellette su Milano? Non si scherza con l’unica città riformata, o controriformata che è la stessa cosa. Che ha giornali e i libri, e impone le mode e i linguaggi.

L’Inter pareggia a San Siro contro il Cagliari grazie a tre prodezze del suo portiere su gol “già fatti”, e a un’autorete sospetta. Ma Moratti se la prende con l’arbitro. E con non si sa chi: “Sono situazioni che ho già vissuto in passato e non vorrei tornare a vivere”. Intende dire che gli arbitri sono pagati dalla Juventus. È un “avvertimento”, ma a Milano non c’è la mafia.

A Moratti fa eco Galliani del Milan: “È colpa dell’arbitro se abbiamo perso il derby”, con l’Inter. “Chi se ne frega”, la risposta di Moratti.

Il padrone dell’Esselunga Caprotti  ha un suo progetto di aeroporto intercontinentale dell’Italia del Nord, 28 milioni di utenti, a Ghedi-Montichiari, a Sud di Milano. Che oppone a Malpensa, aeroporto fuori mano “sorto lassù per caso, sulla vecchia pista dei Caproni, costruttori di aerei anni Trenta”, e costruito male, con le piste parallele al terminal, eccetera. Uno spreco. Di cui la colpa dà perentorio all’Alitalia, “la linea aerea all’amatriciana che ci è costata oltre diecimila miliardi di vecchie lire in perdite e sovvenzioni”.  Mentre è vero il contrario: tutta la perdita è di Malpensa, un progetto ambrosiano e lombardo, cui Alitalia ha tentato di resistere per trent’anni, e quando infine c’è andata coi governi leghisti è fallita.
Milano butta sempre la sua merda sugli altri, notava Malaparte.

Giovanni Pons espone su “Affari & Finanza”, senza malizia, a proposito del riassetto Pirelli, una normalità degli affari a Milano da brivido:
Si diceva la Galassia Mediobanca, ma il Sistema Milano non è da meno, opaco e filibustiere. Padroni che si appropriano centinaia di milioni dell’azienda a titolo di bonus manageriali. Mediobanca, Intesa e Unicredit che perdono dieci miliardi in Telecom, non dichiarati. Avendo affondato Telecom con la cattiva gestione. Aumenti di capitale a debito, nelle finanziarie personali di Tronchetti Provera.
Tutto “in regola”.

Classista ma realista Piero Bassetti una ventina d’anni fa, quando Berlusconi cominciava a scalpitare in politica: “A Milano le grandi famiglie sono sparite e il potere economico è passato ai Brambilla. Non c’è da stupirsi se poi questi si riuniscono ad Arcore, che tra l’altro non è Milano ma che tutti gli italiani identificano con Milano”. Profetico: “Dobbiamo smetterla di cercare il profeta e il capro espiatorio (Craxi, n.d.r.). Milano a lungo ha alimentato la cultura del «salvatore» e adesso rischia di farlo con quella del capro espiatorio. Non dimentichiamoci che Milano prima mandò Mussolini a Roma e poi lo appese in piazzale Loreto”.

Fra i tanti titoli tedeschi di Milano si può mettere il pietismo. Gli Stillen im Land sono la maggioranza silenziosa. 

leuzzi@antiit.eu



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