Tutto concatenato, da Thomas Bernhard
indietro a Bachmann, a Wittgenstein, e a – novità di Gargani – Weininger. In un
radicamento da tutti rifiutato, una sorta d’infelix Austria. Questa scrittura
austriaca dell’indicibile (più esattamente “tedesca esterna”, di fuori, per
esempio con Herta Müller), premiata, quindi in consonanza col secolo, il
Novecento prostremo, rivive come letteratura. Per come lo dice e non,
naturalmente, per l’impossibilità che adduce. Come il genere horror – “in sé” non saremmo qui a
raccontarlo.
Gargani ha anche la strana tendenza a
spiegare il prima col dopo, Bachmann con Bernhard. In un “saggio su Ingeborg
Bachmann”. Sulla traccia della stessa Bachmann, che ha scritto di Bernhard, non
reciprocata. Per la prepotenza di Bernhard in fatto di nichilismo, aggressivo,
molto autoriale, mentre Bachmann è riflessiva
- prolifici comunque entrambi. E per l’invadenza di Vienna epicentro della
crisi, che entrambi rifiutavano. Tra infelicità, disperazione, dolore, i temi
inventariati da Gargani sono doloristi, mentre il linguaggio è impossibile,
indicibile, impensabile, e l’oggi non è. Più che altro, il nichilismo è
facondo.
Il bachmanniano “Die Sprache ist die
Strafe” è ben trovato, suona potente, benché insonoro in fricativa. È
insensato, parlare non è una punizione. Ma il tedesco deve suonare esotico
(erotico?). Specie quello “di fuori”, è alimento di cui i germanisti sono
golosi.
Aldo Gargani, Il pensiero raccontato
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