Le bollette della luce e del gas sono diventate,
dopo la liberalizzazione dell’energia, illeggibili. Grazie all’Autorità per l’Energia,
che ha imposto una serie di dettagli inutili. Le sovrafatturazioni da allora si
moltiplicano, gli anticipi dei consumi, i depositi cauzionali, le stime, i conguagli,
una tariffa frammentata in voci incomprensibili.
L’Autorità è stata istituita per proteggere gli
utenti. Ma si finanzia con un prelievo sul fatturato delle aziende del settore (per
quanto non si sa, ma è una cifra rilevante, sui 200 milioni l’anno). Che quindi
più fatturano più pagano.
Un altro
barlume, per esempio sulla bolletta del gas, è che si riesce a pagare 138 euro per
consumi di costo minore della metà, 62 euro. Ci sono sopra l’imposta erariale,
le addizionali locali, e l’Iva, sul gas e sulle imposte. Ma soprattutto c’è un
secondo fattore di costo: la rete. Bisogna pagare il gas due volte, una al fornitore,
e una alla Snam Rete Gas. Che non vuole poco: 3 euro al mese per l’allaccio
(più Iva); e 16 centesimi (più Iva) per ogni metro cubo consumato. A che titolo?
Sempre per il principio che più si fattura
meglio è, per l’Autorità di controllo?
Perché i comuni e le circoscrizioni non
obbligano le reti (pubbliche) dell’elettricità, l’acqua, il gas, il telefono, a
fare gli scavi tutti insieme, e secondo piani di preordinati di intervento, invece
che per caso?
Perché i comuni si (ci) accollano i costi di
ripristino del manto stradale, in occasione dei ripetuti scavi per la
manutenzione delle reti dei servizi, invece di pretenderlo dalle società concessionarie
dei servizi stessi, gas, elettricità, telefono, acqua?
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