Destra-sinistra – Muore Rauti e lo si fa, oltre un martire, quasi un eroe della sinistra. Gramsciano.
Antimaterialista,
anticonsumista. Lui avrebbe obiettato, ma è vero che la destra ha preso la
malattia di una certa sinistra, di rubare i funerali. Una pratica togliattiana,
avviata con Malaparte, proseguita con lo stesso Togliatti, Pasolini e ogni
altro di cui sia possibile. Fu l’uso dei
gesuiti coi morti eccellenti, Leopardi perfino e Pirandello. La funeralizia è
arte gesuita, dice Gioberti, che era abate, e non era male: si dava ai non
credenti, per un giorno, l’illusione della tolleranza, e ai credenti la conversione
in limine d’ogni grand’uomo, a testimoniare la grandezza della
chiesa di Roma. Solo Don Giovanni è sfuggito ai gesuiti: quello lo hanno ucciso
i francescani, lasciando intendere che il Commendatore lo abbia fulminato - i
francescani conoscevano in anticipo l’elettricità?
Il rituale i fratelli Taviani avevano codificato
in morte di Togliatti. È stato mortuario a lungo pure il quadro-manifesto del Pci
del nobile pittore Guttuso: un altro funerale, sempre di Togliatti. Il Pci
aveva iniziato con
Malaparte, il quale fece di tutto affinché i gesuiti s’impadronissero di lui, a
metà con Togliatti. Un altro che amava solo se stesso, e il cane, da grembo, con la leggenda schermandosi di un amore
con Virginia Agnelli: la villa a Capri regalò al presidente Mao, la salma al Pci e a padre
Rotondi, per un funerale con bandiere rosse e messa cantata polifonica. E ha
continuato con Debenedetti, dopo avergli negato la cattedra. Tre volte, per non
essere neorealista, non abbastanza, l’ultima in punto di morte. Il professor
Sapegno, che era stato compagno di Debenedetti al liceo e all’università ne bocciava
la nomina, pronunciò il necrologio: il morto si prende il vivo In vita Pasolini
non poté essere del Partito, aveva dovuto restituire la tessera.
È
pure vero che Rauti nel
1950, già capo del fascistissimo Ordine Nuovo, oltre che del Fronte Azione
Rivoluzionaria, spiegava nelle cellule con Enrico Berlinguer il no alla Nato.
Ne scrisse anche su “Pattuglia”, il giornale dei giovani Pci diretto da
Berlinguer. Questo
invece, che è successo ed è un fatto, viene “correttamente” eliminato negli
epicedi.
L’anno
successivo, a seguito di due attentati del Far all’ambasciata Usa e al
ministero degli Esteri, Rauti fu carcerato la prima volta, giudicato, e
assolto.
Internet – Prima di
morire Gianfranco Pintore celebrava sul suo blog il milionesimo contatto – “non
so perché, mi emoziona”. Che può fare un milione di lettori diversi, oppure gli
happy few che usualmente si collegano
– in un blog di più anni si arriva al milione: può avere diecimila lettori, o solo mille, assidui, oppure cento, che lo leggono
ogni giorno. Anche nel caso più estensivo, però, è sempre un seguito minore di
un qualsiasi politico, anche di circoscrizione. E questo ridefinisce i ruoli
tra l’opinione e la politica. Che resta comunque l’espressione migliore
dell’opinione, nei suoi veicoli tradizionali: la presenza fisica, la voce, lo
sguardo, la promessa, la stretta di mano, l’occhiata, prima e meglio degli
argomenti. Che sono il solo veicolo della rete.
Un
falso twitter ha fatto dire a Marchionne quello che non aveva detto contro
Firenze. Un falso post a fatto dire “culona” a Angela Merkel da Berlusconi. Due
falsi subito amplificati, dilaganti, non smentibili. È la goliardia al potere,
che si penserebbe tramontata, in questa epoca politicamente corretta e molto
seriosa.
La
goliardia è stata tradizionalmente in Europa la fucina della politica. Ma con
la rete, subito dilagante e mascherata di autenticità, diventa verità. La rete
è subito diventata il veicolo per eccellenza della disinformazione, anche
facile. I due casi sono innocui, ma altre “verità” sono state diffuse online
per provocare vendette, rappresaglie sanguinose, guerre .
Mattei – “Il Sole 24
Ore” celebre Mattei domenica 28 ottobre
con uno speciale di quattro pagine, lirico ed epico. Senza pentimento, dopo
aveva massacrato in vita. Ma è un falso Mattei, non quello. È un altro Eni che
si celebra tramite Mattei, sfruttando il personaggio a cinquant’anni dalla
morte. L’Eni di Scaroni. Che fa il bilancio – basta un centesimo in più su cinquanta
miliardi di metri cubi di gas che l’Eni fornisce a Snam Rete Gas per “fare” un
ottimo bilancio. Lo fa anche con Mattei, non intrepido e nient’affatto
avventuroso come Mattei fu. Nel quadro dell’ipotesi neoguelfa, o Grande Centro,
cui le “forze sane” del paese, banche, Confindustria, grandi editori, stanno
lavorando: un governo che faccia quello che loro dicono.
Notabili
– Sfonda infine sul “Corriere della sera”, per l’autorità di Galli della
Loggia, il notabilato che affligge l’Italia. A partire dalla Repubblica degli
onesti di Scalfari e Visentini, del governo dei tecnici, dei belli-e-buoni
della Repubblica, quindi da quasi quarant’anni. Sullo sfondo peraltro di un giornale
che ne è l’incubatore e il padrino. Quella che Salvemini bollava come sindrome
del peggiore meridione, i galantuomini, il galantomismo, è ora saldamente al
comando della Repubblica, a Milano e nell’opinione accreditata. In Monti
personalmente no, perché ha avuto un’esperienza cosmopolita, ma nel suo governo
sì.
“«Il Mondo» non
abita più qui” e “Mediobanca editore”, due libri che da venticinque e quindici
anni rispettivamente resistono a ogni silenzio, ne hanno delineato la
persistenza al cuore dell’Italia cosiddetta laica, quella della via di mezzo
che non si trovava tra le subculture dominanti di De Rita, la comunista e la
confessionale. Per il motivo semplice che predicava bene e razzolava male. Il
notabile, come il galantuomo, ha di per sé una funzione positiva. Nella
migliore sociologia, per esempio di Max Weber. Ma non nell’accezione italiana, di
gruppi di potere. Riservati. Elusivi. Autoreferenziali. Molto borghesi, ma
allora nel senso dei culi di pietra e dei profittatori, non degli attivi e
inventivi, di chi ama il rischio e sa piegarlo.
Pintore – Gianfranco Pintore, l’independentista
sardo morto a fine settembre, aveva avuto una appassionata esperienza a Roma, a
cavaliere del 1970, nel sostegno ai movimenti di liberazione delle colonie portoghesi
in Africa, in particolare il movimento dell’Angola di Agostinho Neto e quello
della Guinea-Bissau di Amilcar Cabral. Attorno alla rivista “Mondo nuovo” che
riuniva i socialisti filocomunisti. Dopo un’esperienza di corrispondente a
Varsavia per “l’Unità”, quanto di più deprimente per un giovane, sia pure
comunista fervente.
Tornò poi in
Sardegna, preoccupato, più che incuriosito, dalla voci che volevano “Osvaldo”
Feltrinelli nell’isola, in contatto con Graziano Mesina, per fare dell’isola la
Cuba del Mediterraneo. Feltrinelli già prima della morte era infido a molti.
Bollato peraltro indelebilmente in chi leggeva da Bianciardi dieci anni prima
nella “Vita agra” - il Timber Jack, il padrone che torna con la sua masnada
dalla caccia allo stambecco in Stiria, subito licenziando lo stesso Bianciardi
“per scarso rendimento”, uno degli scrittori migliori, prolifici anche (Timber
Jack è il taglialegna, quali i Feltrinelli erano, coi Gualino e altri casati
del denaro). Ma senza tagliare i ponti con le novità culturali e politiche del
vasto movimento del Sessantotto. Sarà con Gabriele Mazzotta a Milano, allora
editore dei nuovi fermenti, che pubblicherà il suo manifesto nel 1974, “Sardegna
regione o colonia”. Facendo proprie le novità durature degli studi terzomondistici,
a cui quindi il nuovo sardismo deve molto. E in particolare i diritti delle
minoranze da una parte. Oggi sembrano scontati ma quarant’anni fa non era così,
la minoranza era relegata al folklore. Dall’altra la forza della tradizione,
che il terzomondismo trasse fuori dal patrimonio reazionario.
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