giovedì 8 novembre 2012

La politica islamica di Obama

Forse non c’è il “tradimento” di Israele, di cui Cinthia Ozyck e altri intellettuali ebrei americani lo sospettano. Ma c’è una politica islamica di Obama. Che non c’era prima, e forse era un danno. Ma che ora assume il carattere di un’alleanza con uno dei filoni dell’islamismo, e non quello più aperto sulla modernità e i diritti civili.  Le accuse degli intellettuali ebrei non hanno scalfito Obama, se è vero che quella ebraica è la minoranza che più compattamente ha votato per lui, dopo i neri, ma evidenziano un fatto.
Obama ha una politica islamica. Ed è una politica filosunnita. Di cui la “consegna” di Osama Bin Laden da parte delle autorità pakistane è stato il suggello. Ovunque gli Usa, e gli alleati “volenterosi”, sono impegnati nel mondo islamico a fianco delle forze sunnite. In Siria oggi come già in Tunisia, in Egitto, in Libia. Contro le dittature militari con più fortuna che contro i talebani, ma anche l’insistenza nella battaglia persa in Afghanistan va messa nel conto dell’impegno con l’islam sunnita. Così come il mancato intervento, perfino sotto la forma blanda dell’ammonizione, in Pakistan e nel Nord della Nigeria contro le violenze sunnite.
La liberazione delle masse arabe non convince più nessuno studioso. La riprova si indica nell’Iran, dove la forte opposizione, civile, urbana, articolata, contro il regime duro degli ayatollah non ha avuto nessun supporto. E in Turchia, dove al coperto del ritorno alla militanza islamica si conculcano alcune libertà da tempo acquisite, della condizione femminile e della stessa libertà religiosa. È un fatto che Obama ha cambiato in quattro anni tutto l’approccio americano alla sovversione islamica, terroristica e\o politica.

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