Aragon – Era gay, ma
non si può dire. Tra un mese, il 24 dicembre, ricorrono i trent’anni della
morte del poeta staliniano e “pazzo di Elsa”, Elsa Triolet, la musa sovietica, e
le pubblicazioni celebrative si moltiplicano. Tra esse “Aragon, la confusion
des genres”, un testo critico-memorialistico del suo maggiore specialista, Daniel
Bougnoux, che da quindici anni ne cura le opere complete nella Pléiade. Ma senza il capitolo 7, nel quale Bougnoux raccontava di un Aragon che gli apparve, un caldo pomeriggio di luglio 1973, nella
camera n.15 del residence Cap Brun vicino Tolone, nudo, eccetto un cache-sex
rosso. L’editore Gallimard lo ha censurato. Bougnoux ha accettato la censura
(Gallimard è anche l’editore della Pléiade), ma poi ha messo il capitolo
censurato online, su BibliObs.com, il sito del “Nouvel Observateur”. Drieu La
Rochelle, amico d’infanzia di Aragon, un altro che, scrisse, “sessualmente l’avevo
messo a nudo e non me lo ha perdonato”, finì male, ma Bougnoux non ha paura. Il
capitolo è importante, afferma, perché, accompagnando l’uscita del quinto
volume delle opere di Aragon nella Pléiade, ne rappresenta la complessità –
appunto “la confusione dei generi”.
Aragon
vi è descritto in vacanza a Tolone, dove si recava in estate dal 1971, dopo la
morte di Elsa, “attorniato da una corte di giovanotti ai quali distribuiva chiacchiere,
carezze e colpi di artiglio”. Bougnoux abitava a Tolone in quanto giovane professore
di filosofia al liceo, a 29 anni, e si recò a incontrare Aragon dopo aver
pubblicato un saggio su una delle sue opere, “Blanche ou l’oubli”, che sapeva
essergli piaciuto. Aveva trovato Aragon sulla spiaggia, attorniato da
giovanotti rumorosi e noiosi, e fu contento quando il poeta propose di leggergli
qualcosa del romanzo che stava scrivendo. In camera Aragon gli si presenta
ammirevole sotto ogni aspetto: alto, ben tenuto malgrado l’età dentro l’accappatoio,
preciso nella dizione, melodioso, “era difficile sfuggire al suo charme
ipnotico”. Fino a che non sparisce nel bagno, per ritornare dopo un bel pezzo,
preceduto dal profumo “di un muschio pesante dominato dalla rosa”. E qui Bougnoux
è ancora stupefatto: “il Vecchio” ricomparve truccato, con “ciglia false
gocciolanti di rimmel”, vestito solo di un “cache-sex rosso vivo”, mugolando
versi e inviti inequivocabili, anche perché “il profumo, piuttosto un gel, non
era stato applicato per caso ed era facile, alla breve distanza dov’ero,
indovinare da quale orificio copiosamente spalmato emanava lo stordente invito”.
Uscendo,
Bougnoux incontra “Raoul”, che aspetta geloso ai piedi della scala. “Raoul”,
che chiama anche “il segretario”, è François-Marie Banier. Il fotografo diventato
ultimamente famoso quale beneficiario dell’ottantenne Liliane Bettencourt de “L’Oréal”,
lanciato nel 1971 come grande scrittore da Aragon su due pagine del suo
periodico “Les Lettres Françaises”. Che
però nega di esserne stato l’amante – Banier aveva all’epoca 23 anni, ma era
già ben provveduto da un’altra “antica” conoscente, Madeleine Castaing,
settantacinquenne.
Citazione – È riposo ricostituente, pensare per procura, per chi non ha
compagnia reale, carnale. E un gioco. Attraverso le citazioni ribaltamenti agghiaccianti
sono possibili per esempio nei Vangeli. Un Cristo blasfemo c’entra tutto, uno laico pure,
perfino ateo, uno Casanova e uno antifemminista, o gay, uno anarchico, uno del
foro interiore, e magari della maggioranza silenziosa. L’Antico Testamento si
salva solo con le sortes vergilianae, le estrapolazioni casuali. Letto
di seguito è più spesso orrendo, sempre lo è nei contesti, personali, storici,
razziali – o si può leggerlo come un romanzone di detriti, la Bibbia ne ha
l’aria, non irrispettosamente, essendo la Parola di Dio, Stendhal ne organizza
ottimi recuperi. Ma questa è tecnica, l’uso delle citazioni, l’arte
dell’odierna decostruzione. Decostruire, alla fine, è un gioco dell’oca: non porta
a niente se non a giocare.
Dante – Autore
cavalleresco? La novità è di René Girad, il teorico del “desiderio mimetico” e
del “capro espiatorio” nella religiosità: “Il Romanticismo fa di “La Divina
Commedia” un altro romanzo cavalleresco”. Girard lo dice per antifrasi, ma
nessuno prima lo ha detto. Lo dice peraltro a conclusione del saggio “Un
desiderio mimetico. Paolo e Francesca” (in”Geometrie del desiderio”). Dopo aver
notato che colui che semina “i germi della passione nel cuore di Lancillotto e
Ginevra”, il romanzo che Paolo e Francesca leggono, è Galehaut, Galeotto, “il
cavaliere fellone, il nemico di re Artù”. E lo ribadisce: “Nell’imitazione di
un modello cavalleresco Don Chisciotte” ricercherà “la stesa semidivinità di
Paolo e Francesca”. Per concludere: Dante apre, “sull’essenza della
letteratura, uno spazio di riflessione che comprende il «play within the play»
scespiriano e la «mise en abîme» di Gide”.
Misantropia – Lo snobismo è
una forma blanda (avvertita) di misantropia. Mentre la letteratura, anche la
più disperata e disidratata, è voglia di esserci, di partecipare – la scrittura
è fatica. È questo il busillis Proust, più malinconico che misantropo (snob),
seppure in abito da sera.
Prefazione – “Gli inizi sono il mio forte” dice il Seduttore di Kierkegaard. Kierkegaard
preferiva le prefazioni, di cui scrisse un libro, ai libri: spiegazioni di
libri. Per meglio dare corpo alla “realtà” - “Come si cancella la realtà?
Dandole espressione”. Da qui le prefazioni di libri inesistenti, espressione
certo di una realtà.
Una
realtà dell’epoca: Nietzsche scriverà “Cinque prefazioni per cinque libri non
scritti”. Un’orgia d’imposture per tenersi rigidi alla verità.
Scrivere - Scrittori a
cui mai nulla è succeduto, nemmeno di dire una bugia, o esserne vittime, devono
tutto immaginare. Come si può immaginare senza esperienza? La memoria atavica,
si dice. Ma è solo libro di libri, di altre narrazioni, riscritture. C’è
anzitutto bisogno di un’emozione: “L’infelicità è una benedizione per lo
scrittore”, attesta Borges. Senza escludere altre fonti, quella di Woodsworth
per esempio, per il quale “la poesia scaturisce da emozioni che si richiamano
quando si è felici”.
Ma
l’arte di scrivere può tutto. Compreso l’Orbis Tertius dello stesso Borges, che
Popper aveva già divisato prima della guerra, o Frege, accanto al mondo fisico
e a quello delle mente e dei sentimenti: il mondo della lettura, storie, miti,
dottrine, teorie, anche false, contenuto nelle biblioteche, anche ridotte.
Sogni - Il mistero dei
sogni si ricostituisce con l’interpretazione, modificato forse nei segni ma
intangibile. Freud voleva essere un mago – un sacerdote di Plutarco, la sua
scienza è l’oniromanzia - e questo lo fa simpatico, rifare la Smorfia.
Solitudine – Una citazione
d’obbligo, nel ritratto che Citati fa di Flaubert (“Corriere della sera”, 20
novembre): “Hai riflettuto a quante lacrime ha fatto scorrere questa orribile
parola «felicità»? Senza questa parola, si dormirebbe più tranquilli e si
vivrebbe più a proprio agio”. E una dalle letture buddiste di Flaubert dopo le
disgrazie familiari: “Dalla ricerca nasce l’attaccamento, dall’attaccamento
nasce in questo mondo il dolore: colui che ha riconosciuto che il dolore
proviene dall’attaccamento si ritiri, come il rinoceronte, nella solitudine”.
Altrettanto feroce che il rinoceronte? Della solitudine non ci si libera, come
non dalla felicità - non è solo del resto il trappista nella cella o l’eremita
nella caverna sul monte. Budda è consolatorio e può essere terapeutico, ma non
veritiero.
Sound – Si vedono
film in cui, nei titoli di coda, è dettagliata ogni virgola, fino ai camerieri
del catering. Ma non le musiche. Che
sono invece l’esca di molti film, di astuti registi e, soprattutto, produttori.
Si
è creata tra immagine e suono una strana dicotomia, si è voluto crearla, senza
ragione apparente. Perfino in autori che sono nel complesso artisti,
dell’immagine come della parola, scritta ma forzatamente anche sonora. Nelle
stracche conferenze dell’Aci, associazione culturale, o analoga organizzazione
che tenne in giro per l’Italia con Moravia nel 1961, o 1962, all’inevitabile
domanda sulla funzione della musica nei suoi film Pasolini rispondeva:
“Nessuna. Qua e là Bach, ma per un bisogno personale di decontrazione”. Bach
nessuno?
TuttiAutori – Abbasso
l’Autore, tutti autori – romanzieri e poeti. “TuttiAutori” è una sigla di libri
autopubblicati, ma è anche lo stato della letteratura italiana del millennio: i
primi posti in classifica e nell’editoria sono di giornalisti, cantanti,
imprenditori, manager, costituzionalisti, burocrati, insegnanti. Non solo nella
varia, anche nella narrativa e nella saggistica.
È
una caratteristica italiana. Non è escluso che l’Italia funzioni anche in
questo, come per la politica personalizzata o “il piccolo è bello”, da
laboratorio di novità. Ma è una novità che gli editori tedeschi lamentavano già
venti anni fa, e non hanno adottato. Anche negli Usa, dove pure l’editoria è
aggressiva commercialmente e alcuni cantanti avrebbero titolo pieno alla
poesia, Dylan, Morrison, le attività sono tenute distinte.
I
giornalisti sono specialmente favoriti, poiché assicurano anche il lancio, con
interviste e comparsate, specie in tv. Una nuova attività, nell’epoca di più bassa fortuna del giornalismo, col crollo circolazione,
delle audiences, dell’attendibilità.
Con più potere.
letterautore@antiit.eu
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