venerdì 23 novembre 2012

Letture - 118

letterautore

Aragon – Era gay, ma non si può dire. Tra un mese, il 24 dicembre, ricorrono i trent’anni della morte del poeta staliniano e “pazzo di Elsa”, Elsa Triolet, la musa sovietica, e le pubblicazioni celebrative si moltiplicano. Tra esse “Aragon, la confusion des genres”, un testo critico-memorialistico del suo maggiore specialista, Daniel Bougnoux, che da quindici anni ne cura le opere complete nella Pléiade. Ma senza il capitolo 7, nel quale Bougnoux raccontava di un Aragon che gli apparve, un caldo pomeriggio di luglio 1973, nella camera n.15 del residence Cap Brun vicino Tolone, nudo, eccetto un cache-sex rosso. L’editore Gallimard lo ha censurato. Bougnoux ha accettato la censura (Gallimard è anche l’editore della Pléiade), ma poi ha messo il capitolo censurato online, su BibliObs.com, il sito del “Nouvel Observateur”. Drieu La Rochelle, amico d’infanzia di Aragon, un altro che, scrisse, “sessualmente l’avevo messo a nudo e non me lo ha perdonato”, finì male, ma Bougnoux non ha paura. Il capitolo è importante, afferma, perché, accompagnando l’uscita del quinto volume delle opere di Aragon nella Pléiade, ne rappresenta la complessità – appunto “la confusione dei generi”.
Aragon vi è descritto in vacanza a Tolone, dove si recava in estate dal 1971, dopo la morte di Elsa, “attorniato da una corte di giovanotti ai quali distribuiva chiacchiere, carezze e colpi di artiglio”. Bougnoux abitava a Tolone in quanto giovane professore di filosofia al liceo, a 29 anni, e si recò a incontrare Aragon dopo aver pubblicato un saggio su una delle sue opere, “Blanche ou l’oubli”, che sapeva essergli piaciuto. Aveva trovato Aragon sulla spiaggia, attorniato da giovanotti rumorosi e noiosi, e fu contento quando il poeta propose di leggergli qualcosa del romanzo che stava scrivendo. In camera Aragon gli si presenta ammirevole sotto ogni aspetto: alto, ben tenuto malgrado l’età dentro l’accappatoio, preciso nella dizione, melodioso, “era difficile sfuggire al suo charme ipnotico”. Fino a che non sparisce nel bagno, per ritornare dopo un bel pezzo, preceduto dal profumo “di un muschio pesante dominato dalla rosa”. E qui Bougnoux è ancora stupefatto: “il Vecchio” ricomparve truccato, con “ciglia false gocciolanti di rimmel”, vestito solo di un “cache-sex rosso vivo”, mugolando versi e inviti inequivocabili, anche perché “il profumo, piuttosto un gel, non era stato applicato per caso ed era facile, alla breve distanza dov’ero, indovinare da quale orificio copiosamente spalmato emanava  lo stordente invito”.
Uscendo, Bougnoux incontra “Raoul”, che aspetta geloso ai piedi della scala. “Raoul”, che chiama anche “il segretario”, è François-Marie Banier. Il fotografo diventato ultimamente famoso quale beneficiario dell’ottantenne Liliane Bettencourt de “L’Oréal”, lanciato nel 1971 come grande scrittore da Aragon su due pagine del suo periodico “Les Lettres Françaises”. Che però nega di esserne stato l’amante – Banier aveva all’epoca 23 anni, ma era già ben provveduto da un’altra “antica” conoscente, Madeleine Castaing, settantacinquenne.

Citazione – È riposo ricostituente, pensare per procura, per chi non ha compagnia reale, carnale. E un gioco. Attraverso le citazioni ribaltamenti agghiaccianti sono possibili per esempio nei Vangeli. Un Cristo blasfemo c’entra tutto, uno laico pure, perfino ateo, uno Casanova e uno antifemminista, o gay, uno anarchico, uno del foro interiore, e magari della maggioranza silenziosa. L’Antico Testamento si salva solo con le sortes vergilianae, le estrapolazioni casuali. Letto di seguito è più spesso orrendo, sempre lo è nei contesti, personali, storici, razziali – o si può leggerlo come un romanzone di detriti, la Bibbia ne ha l’aria, non irrispettosamente, essendo la Parola di Dio, Stendhal ne organizza ottimi recuperi. Ma questa è tecnica, l’uso delle citazioni, l’arte dell’odierna decostruzione. Decostruire, alla fine, è un gioco dell’oca: non porta a niente se non a giocare.

Dante – Autore cavalleresco? La novità è di René Girad, il teorico del “desiderio mimetico” e del “capro espiatorio” nella religiosità: “Il Romanticismo fa di “La Divina Commedia” un altro romanzo cavalleresco”. Girard lo dice per antifrasi, ma nessuno prima lo ha detto. Lo dice peraltro a conclusione del saggio “Un desiderio mimetico. Paolo e Francesca” (in”Geometrie del desiderio”). Dopo aver notato che colui che semina “i germi della passione nel cuore di Lancillotto e Ginevra”, il romanzo che Paolo e Francesca leggono, è Galehaut, Galeotto, “il cavaliere fellone, il nemico di re Artù”. E lo ribadisce: “Nell’imitazione di un modello cavalleresco Don Chisciotte” ricercherà “la stesa semidivinità di Paolo e Francesca”. Per concludere: Dante apre, “sull’essenza della letteratura, uno spazio di riflessione che comprende il «play within the play» scespiriano e la «mise en abîme» di Gide”.

Misantropia – Lo snobismo è una forma blanda (avvertita) di misantropia. Mentre la letteratura, anche la più disperata e disidratata, è voglia di esserci, di partecipare – la scrittura è fatica. È questo il busillis Proust, più malinconico che misantropo (snob), seppure in abito da sera.

Prefazione “Gli inizi sono il mio forte” dice il Seduttore di Kierkegaard. Kierkegaard preferiva le prefazioni, di cui scrisse un libro, ai libri: spiegazioni di libri. Per meglio dare corpo alla “realtà” - “Come si cancella la realtà? Dandole espressione”. Da qui le prefazioni di libri inesistenti, espressione certo di una realtà.
Una realtà dell’epoca: Nietzsche scriverà “Cinque prefazioni per cinque libri non scritti”. Un’orgia d’imposture per tenersi rigidi alla verità.

Scrivere - Scrittori a cui mai nulla è succeduto, nemmeno di dire una bugia, o esserne vittime, devono tutto immaginare. Come si può immaginare senza esperienza? La memoria atavica, si dice. Ma è solo libro di libri, di altre narrazioni, riscritture. C’è anzitutto bisogno di un’emozione: “L’infelicità è una benedizione per lo scrittore”, attesta Borges. Senza escludere altre fonti, quella di Woodsworth per esempio, per il quale “la poesia scaturisce da emozioni che si richiamano quando si è felici”.
Ma l’arte di scrivere può tutto. Compreso l’Orbis Tertius dello stesso Borges, che Popper aveva già divisato prima della guerra, o Frege, accanto al mondo fisico e a quello delle mente e dei sentimenti: il mondo della lettura, storie, miti, dottrine, teorie, anche false, contenuto nelle biblioteche, anche ridotte.

Sogni - Il mistero dei sogni si ricostituisce con l’interpretazione, modificato forse nei segni ma intangibile. Freud voleva essere un mago – un sacerdote di Plutarco, la sua scienza è l’oniromanzia - e questo lo fa simpatico, rifare la Smorfia.

Solitudine – Una citazione d’obbligo, nel ritratto che Citati fa di Flaubert (“Corriere della sera”, 20 novembre): “Hai riflettuto a quante lacrime ha fatto scorrere questa orribile parola «felicità»? Senza questa parola, si dormirebbe più tranquilli e si vivrebbe più a proprio agio”. E una dalle letture buddiste di Flaubert dopo le disgrazie familiari: “Dalla ricerca nasce l’attaccamento, dall’attaccamento nasce in questo mondo il dolore: colui che ha riconosciuto che il dolore proviene dall’attaccamento si ritiri, come il rinoceronte, nella solitudine”. Altrettanto feroce che il rinoceronte? Della solitudine non ci si libera, come non dalla felicità - non è solo del resto il trappista nella cella o l’eremita nella caverna sul monte. Budda è consolatorio e può essere terapeutico, ma non veritiero.

Sound – Si vedono film in cui, nei titoli di coda, è dettagliata ogni virgola, fino ai camerieri del catering. Ma non le musiche. Che sono invece l’esca di molti film, di astuti registi e, soprattutto, produttori.
Si è creata tra immagine e suono una strana dicotomia, si è voluto crearla, senza ragione apparente. Perfino in autori che sono nel complesso artisti, dell’immagine come della parola, scritta ma forzatamente anche sonora. Nelle stracche conferenze dell’Aci, associazione culturale, o analoga organizzazione che tenne in giro per l’Italia con Moravia nel 1961, o 1962, all’inevitabile domanda sulla funzione della musica nei suoi film Pasolini rispondeva: “Nessuna. Qua e là Bach, ma per un bisogno personale di decontrazione”. Bach nessuno?

TuttiAutori – Abbasso l’Autore, tutti autori – romanzieri e poeti. “TuttiAutori” è una sigla di libri autopubblicati, ma è anche lo stato della letteratura italiana del millennio: i primi posti in classifica e nell’editoria sono di giornalisti, cantanti, imprenditori, manager, costituzionalisti, burocrati, insegnanti. Non solo nella varia, anche nella narrativa e nella saggistica.
È una caratteristica italiana. Non è escluso che l’Italia funzioni anche in questo, come per la politica personalizzata o “il piccolo è bello”, da laboratorio di novità. Ma è una novità che gli editori tedeschi lamentavano già venti anni fa, e non hanno adottato. Anche negli Usa, dove pure l’editoria è aggressiva commercialmente e alcuni cantanti avrebbero titolo pieno alla poesia, Dylan, Morrison, le attività sono tenute distinte.
I giornalisti sono specialmente favoriti, poiché assicurano anche il lancio, con interviste e comparsate, specie in tv. Una nuova attività, nell’epoca di più bassa fortuna del giornalismo, col crollo circolazione, delle audiences, dell’attendibilità. Con più potere.

letterautore@antiit.eu

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