venerdì 30 novembre 2012

Supermario iperreale

Parla lento, distinto, come la maestra a scuola, quando deve parlare al pubblico. Veloce, complesso, ammiccante, anacoluto, ai banchieri o agli industriali. Ma non è una doppia natura che gli italiani stanno scoprendo di Monti in tv: è l’insensibilità, quasi un disprezzo, per quella che una volta si chiamava la “gente”, il popolo. Sua e anche dei suoi ministri. Tutti prodotti di scuole private – eccetto Elsa Fornero, che però vi si è fatta cooptare.
Il linguaggio diviso di Monti risponde alla predilezione per le tasse indirette generalizzate, che colpiscono soprattutto i redditi bassi. Con un distinto disprezzo degli stessi. Ha aumentato senza dirlo l’Irpef ai redditi medio bassi, fino a 13 mila euro, di circa mille euro l’anno. Dopo avere imposto il conto corrente obbligatorio ha aumentato tutti i bolli bancari e le spese di gestione. Ha ridotto sprezzante il crollo di professionalità, reddito, salute degli insegnanti a un corporativismo cieco – “per non fare due-tre ore in più di lavoro”. Impone una tassa di scopo sulla sanità, di 5-600 euro per i redditi bassi, prendendo per buone le strampalate deduzioni di Bondi.
Superburocrate
L’uomo distinto, dal colorito sempre roseo, la camicia inappuntabile, il singolo capello in ordine, che parla inglese, appare ai più iperreale come un’immagine di Warhol, una creatura finta da “X-Files”. Avveniristico ma sul versante automa. Anche la nasalità contribuisce. L’uomo preciso, pedagogico, affabile è solo un superburocrate di Bruxelles. Algido, e alla fine incompetente. Gli economisti sono sbalorditi, che gli vedono prendere d’infilata misure che uccidono ogni forma di economia. Insensibile al crollo della produzione, dei consumi, dell’occupazione, del reddito, della stessa affidabilità. Che solo sa farsi eco del gergo comunitario. Che è poi la sua sola via di comunicazione a Bruxelles e negli incontri internazionali che predilige. Dove la differenza si vede abnorme coi grossi marpioni politici, Merkel, Cameron, da ultimo Hollande.
 I sondaggisti gli accreditano un 10-12 per cento di gradimento. Che è poco. Ma se si votasse veramente, gli stessi esperti del marketing politico ritengono improbabile che un ipotetico candidato Monti raccolga più del 5 per cento. Quanto è valutato il cosiddetto “voto di opinione”, disgiunto dalle fedeltà di schieramento. Non compresi molti dei casiniani e altri centristi.  

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