Si riedita rapidamente in economica questa
storia che sarà un classico. Una lettura in cui non si salta una riga – è da
supporre anche per non tifosi (col fastidio di imprecisioni che una minima cura
editoriale avrebbe evitato: De Coubertain,
una popolazione stratosferica per il Brasile, Chapman che nel 1918 fabbrica –
non costruisce – munizioni per
l’Inghilterra probabilmente, ma sicuramente non contro l’Italia, e altre minori). Quante cose che “sapevamo” e che ora finalmente
sappiamo. Era un gioco violento, il calcio, di dieci solitari, con dribbling
stretto o braccia comunque muscolose, da usare contro gli avversari non potendolo
con la palla, più il guardaporta a cui ridare l’uso proprio delle mani. Ci volle tempo perché diventasse un passing game, a opera degli scozzesi (anche il calcio, dunque, come
la filosofia “inglese”, è in realtà scozzese). E quindi di squadra. E quante
sottigliezze nell’allungare o accorciare il campo, nel gioco tra le linee, nel
terzo, quarto o quinto difensore – “libero” il difensore lo è sempre stato
dagli inizi. E nella democraticità del professionismo, che ci evitò infine le
squadre di imprenditori, medici, avvocati e ingegneri, uno povero non potendo
altrimenti “scegliere” il pallone: le cose semplici a volte sono difficili, la
retorica è fortissima – dei dilettanti alle Olimpiadi, per esempio, dopo
quattro anni di esercizio quotidiano esclusivo. Modesto, un capolavoro: leggere
di corsa quattrocento pagine sulle tecniche e le tattiche è perfino esilarante.
Breve su ogni aspetto, ed esemplare. Il
calcio, per esempio, come ultima espressione dell’imperialismo britannico. Come il gillette, non male. Anche in India, ma pretendevano di giocare scalzi. O il decennio del calcio italiano. Perché sì, ce ne
fu uno, gli anni 1930. L’Italia, sconfitta tra il 1930 e il 1940 solo in cinque
partite, vinse l’Europeo (Coppa Internazionale) del 1930, il Mondiale del 1934,
l’Europeo successivo, nel 1935, l’Olimpiade del 1936, il Mondiale del 1938. Del
calcio italiano e non fascista, anche se gli anni sono quelli. La controprova è
nella persecuzione di Erbstein, il mago del Grande Torino, per le leggi
razziali: a p. 71, che merita leggere anche in piedi in libreria. Non c’è Fulvio Bernardini, il primo
nazionale della Lega Sud, che vincerà due campionati “da solo”. Non c’è neanche
Maestrelli. Ma c’è molto altro. Sul Mondiale di Spagna Soldati ha costruito con
poco - un barbiere, un oste - un racconto godibile. Con meno pagine, Sconcerti
lo racconta in modo ancora più godibile – e ancora non sappiamo se la maglia di
Maradona strappata da Gentile non fosse tarlata. Accanto alle “cose serie”: la Rai, per
esempio, caso insigne d’insipienza anche nel calcio, che nel 1995 pagava 191
miliardi per le sole sintesi dopo-partita, “per non svuotare gli stadi”, mentre
l’anno dopo Tele+ potrà vendersi tutte le partite in diretta, al costo di soli 203
miliardi.
Mario Sconcerti. Storia delle idee del calcio, Baldini Castoldi Dalai, pp. 389 €
9,90
Un capolavoro “sconcertante”…? Avendo cominciato il libro alla fine, non l’ho più letto, quindi non posso dire. Ma Moratti mecenate, uno che ha distrutto 17 allenatori e un’intera nazionale (Toldo, etc., all. Lippi), per gloriarsi di tutti stranieri-già-fatti, che “idea del calcio” è?
RispondiEliminaVispa Teresa
Debbo dissentire (sul calcio non sarà un peccato). Non si può chiudere il libro glorificando Zeman nel suo lato peggiore, quando accusa Lippi di aver dopato la Juventus e Del Piero di essere un drogato (sì, Zeman dice che non l’ha detto, ma l’ha “detto” e come!). Tacendo di Casalbore, il giudice anti-Juventus, che è torinista (come poi l’avvocato Artico, contro Conte). E senza dire che “il professor Guido Rossi” era avvocato di Moratti e consigliere dell’Inter, “una persona che crede nelle regole, non disponibile a compromessi”.
RispondiElimina“E’ evidente cos’è accaduto per molto tempo”, dice delle accuse di doping e corruzione alla Juventus. Era evidente anche a lui, direttore di giornali sportivi? Quindi anche lui è condannabile, come Conte (dirà che lui non è squalificabile, che è esterno al mondo del calcio, ma c’è dentro, eccome!). O ha l’evidenza delle intercettazioni partenopee? Manipolabili, manipolate.
No, dispiace, anche i capolavori vogliono onestà. A p. 49: “In sostanza la Juventus, attraverso Moggi, è accusata di aver creato un sistema attraverso il quale controllava il campionato. La Fiorentina è accusata di essersi rivolta a Moggi per evitare che gli arbitri continuassero a farle perdere le partite”. Di chi è la disonestà qui, della Fiorentina, di Moggi, o de “gli arbitri” (nonentità?). Non va esclusa l’incapacità, è vero, vedi l’italiano zoppicante.
Tommaso L.