mercoledì 28 novembre 2012

Un partito Popolare – e uno Socialista?

Prima che Renzi contro Bersani c’è stato e c’è Renzi contro Rossi, il democratico presidente della Regione Toscana. Due mondi separati e contrari. Sui permessi edilizi, sul tram, sull’aeroporto, e ogni volta che piove.
In chiave nazionale Renzi si è presentato accanto a Bersani, nella stessa barca, soprattutto nelle fasi finali della campagna per le primarie, dopo che Bersani ha eletto a santino papa Giovanni XXIII. Ma su quella nave Renzi ci è salito sopra da pirata, e sa che la chiusura è stata ostile da parte del partito, quasi violenta.
Non è un fatto di persone o carattere ma di culture politiche. Quella confessionale militante di Renzi non si accorda con quella ex Pci. Quando avrà perso le primarie sarà difficile che resista a una chiamata dal Centro, se Casini e Fini sgombereranno il campo. È l’auspicio dei supporter del Grande Centro, le grandi banche e i grandi giornali: una formazione politica italiana in grado di stare alla pari con le altre nel Partito Popolare europeo. Di contare, d’influenzarlo, cosa che Casini non può fare e il Berlusconi antitedesco si è precluso (un vero partito Popolare italiano non può che essere filotedesco, col mainstream centro-orientale del continente). Il leader naturale diventa Renzi.
Renzi col Ppe aprirebbe la finestra sul Pd socialdemocratico che Bersani ha tentato di sbarrare. Sarebbe l’unica possibilità per il Pd di restare comprimario, riaprendosi ai socialisti berlusconiani a destra e ai comunisti vendoliani a sinistra. Su una comune piattaforma lavoro-produzione e diritti civili.  

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