Di famiglia antifascista, e tuttavia
volontario in Africa nel 1936. Dal 1937 per tre anni insegnante d’italiano
all’Istituto di cultura di Tallinn. Mobilitato in Jugoslavia e in Russia, e al
ritorno confinato, per “attività sediziosa”, per un anno a Tito, in provincia
di Potenza – dove incontra Marisa Tulli, “la più giovane confinata d’Italia”,
che sarà la sua compagna di vita. Dopo l’8 settembre partigiano combattente,
comandante delle formazioni Giustizia e Libertà in Lombardia. Protagonista della liberazione di Firenze, che poté proclamare
l’11 agosto 1944. Fino al 6
novembre 1944, quando venne arrestato, con lo stato maggiore del suo gruppo, su
delazione. Si farà i lager di Bolzano, Mauthausen, Gunskirchen, ma
sopravvisse.
Ricorderà di avere avuto come direttore
al’Istituto di cultura di Tallinn Indro Montanelli, nel biennio 1937-38. Che vi
si vantava confinato da Mussolini in
punizione per aver scritto che l’avanzata fascista in Spagna era una
passeggiata - Mussolini voleva farsi dire battuto? Due volontari d’Africa ma
due specie diverse di italiani, di cui una imperversa e anzi è idolatrata,
conformista, cinica, l’altra è sparita.
Alla fine della guerra Magini è stato
editore, con prefazione di Parri, dell’“Elogio
della galera”, le lettere di Ernesto Rossi, recordman
di evasioni dalle prigioni di Mussolini dopo Altiero Spinelli. Nell’occasione,
e dopo, propose un dubbio di cui non riusciva a liberarsi: “Perché
l’azionismo era decimato dagli arresti?” E si rispondeva: “Perché era infiltrato.
Bersaglio di denunce, anonime”. Aggiungendo: “E perché non scriveva lettere
anonime, non a carico degli altri oppositori”. Da comandante partigiano si era
specializzato a rubare i rifornimenti, specie di cibo, alle formazioni
garibaldine, che monopolizzavano i lanci alleati. Prigioniero dei tedeschi, non
aveva diritto all’assistenza della Croce Rossa Internazionale perché non era
prigioniero di guerra - i militari italiani non lo erano. Poco o niente ebbe dalla
Croce Rossa Italiana, che era la scassata Assistenza Militari di Salò. Qualche
pacco dalle famiglie però l’Assistenza riusciva a far arrivare. Arrivavano
tutti da sopra l’Appennino, e i destinatari se li mangiavano da soli. Solo un
capitano siciliano lo divise con la camerata, una volta che ne arrivò uno dalla
sua famiglia.
Manlio Magini, Un itinerario per il lager
Nessun commento:
Posta un commento