Il mondo è sempre visto
da Sud, nella proiezione Mercator. Col Nord incombente cioè.
Prima si guardava, pare,
da Est a Ovest.
Taranto Alda Merini, che vi fu in manicomio, e
vi divenne “la signora Pierri”, sposata a Michele Pierri, chirurgo e poeta, così la ricorda in una
delle ultime pubblicazioni, “Antenate bestie da manicomio” (p. 59): “La città
dell’eleganza, del buongusto, dei profumi”.
Battiato è assessore a tempo perso alla Regione
Sicilia. Avviando il suo tour
invernale dice franco che alla sua Regione “un signore ha rubato 19 milioni di
euro dai biglietti dei musei portandoseli a casa”. Che non è possibile, i musei
siciliani non fatturano, purtroppo, 19 milioni in un anno. In Sicilia si può
dire di tutto? O bisogna stare a Milano, come Battiato, per dirlo?
“Onorate società” di John Dickie è corredato da
due serie di foto. Una storica, una contemporanea. La seconda si apre con
l’omerica costa di Palmi vista dal Sant’Elia, con le tre croci in primo piano
contro il demonio. La didascalia è violentissima: “Gesù Cristo e i ladroni
guardano dall’alto uno dei centri nevralgici della ‘ndrangheta. Si vede sullo
sfondo Palmi, una delle città dove la mafia calabrese è emersa per la prima
volta negli anni Ottanta del’Ottocento. Oltre e sotto Palmi si stende la
famigerata Piana di Gioia Tauro”.
La foto sotto ha questa didascalia: “Il
santuario della Madonna di Polsi, sull’Aspromonte. Almeno a partire dal 1984,
il raduno annuale della ‘ndrangheta coincide con la festa della Madonna della
Montagna che si svolge in questo luogo”.
Che storia.
Autobio
Noi, sia di Paracorio che di Pedavoli, le
rivoluzioni le abbiamo soffocate nel sangue. Nel 1799 con il cardinale Ruffo di
Scilla siamo andati fino a Napoli a suonargliele, in prima fila. Poi in massa
con la guerriglia massista e gli inglesi le suonammo ai francesi di Napoleone. E
nel 1947 – il ’48 fu anticipato dalla Calabria, anche se non si dice – “orribilmente”
uccidendo, “urbani” e contadini uniti nella lotta, il liberale Gian Domenico
Romeo, che era un quasi compaesano, di Santo Stefano in Aspromonte. Poi gli
abbiamo dedicato una delle tre strade, con sua grande sorpresa s’immagina.
Siamo vicini, cioè ora mescolati, le due
frazioni del paese che erano paesi distinti fino a pochi decenni fa. Ma siamo
diversi, le differenze non si cancellano. Non più ricchi, ma non più violenti,
sono a Pedavoli, dove si sanno amministrare, per il bene di tutti. Da noi la
violenza s’incontra anche in famiglia, tra fratelli, tra padri e figli: l’esercizio
della collera prevale sull’opportunità e la convenienza. E un quartiere abbiamo
popolato da lazzari, fino a ieri, o zangrei – che è parola greca e significa
delle caverne.
I
maestri lettori
Mastro Nino, muratore, è ammirato perché in casa
ci sono molti libri. “Mi piace leggere”, aggiunge. È emozionato. “Mi piace
leggere la storia. Sì, d’inverno, quando non lavoriamo. Ma quando mi capita di
stare a casa leggo volentieri, mi piace”.
Anche Leo legge, inesausto chiacchierone, che
ora non lavora più e ogni tanto interrompe la giornata casalinga per farsi un
giro e importunare qualcuno che lo stia ad ascoltare. Leo si può capire, è
stato in carcere, lì la giornata è lunga. Come pure mastro Corrado, uomo di
scarse confidenze, che alla fine l’ha confessato, ha confessato il vizio della
letura: era un esperto mobiliere, un artista del legno. Ma legge anche Giamba,
che è stato postino e poi, o forse anche prima, ciabattino. E leggeva mastro
Espedito, mastro non si ricorda di qualcosa, se ha mai lavorato, che portava
gli occhiali, che gi davano effettivamente l’aspetto spiritato di chi legge.
Leggeva pure uno dei vecchi barbieri, che i libri li comprava. Uno di cui non
c’è mai stata l’opportunità di servirsi, ma che una volta era in libreria a
Messina a comprare i libri della Bur.
I Pazzi
Un
angolo della favelha sotto casa è
abitato da decenni da una famiglia prolifica detta i Pazzi. I Pazzi hanno una
flottiglia di automobili, alcune nuove, altre seminuove, spesso diverse:
attualmente hanno una Cherokee, una Mercedes 280, una Punto, una Micra, una
Clio, una Panda primo modello, che usa chi segue le pecore, un vecchio camion
con l’incastellatura per il trasporto animali, sempre fermo. Ma non sono
zingari. Le loro case sono dette dei Manganeji, piccoli màngani, piccoli fabbri
cioè - in toscano fabbricini. Il trattamento dei metalli è stato a lungo mestiere di zingari, i
calderai. Ma i Pazzi non sono màngani, il pecoraio fa anzi un formaggio ottimo:
abitano case che non erano le loro all’origine. Non si sa da dove vengono. Né
hanno un’attività. A giorni alterni fanno pascolare una diecina di pecore
attorno alle automobili, spostandole nella valletta da un lato all’altro della
loro fila di case: un giorno brucano da un lato, un altro dal lato opposto.
Sono quattro nuclei familiari, è la loro unica attività. Che si veda. O no: uno
di loro, che ha un assassinio alle spalle, è guardia forestale, spesso ha in
comodato il gippone aziendale.
Ogni
tanto i Pazzi si sparano. Al quadrivio. Per non passare inosservati?
Un
giorno la moglie giovane di uno dei Pazzi vuole prendere la pensione alla posta
senza fare la fila. Un’anziana signora le chiede di fare la fila. La donna esce
a parlottare col marito. Entrambi rientrano e il marito dice a voce alta:
- Chi ha
detto a mia moglie di fare la fila?
- Io –
dice l’anziana donna: - Sono vecchia e non posso stare in piedi. Non sapevo che
fosse vostra moglie. Ma può fare la fila come la facciamo tutti.
Il Pazzo
va allora allo sportello, portandosi per il polso la moglie ragazza:
-
Scusate – dice a voce alta. L’utente che sta sbrigando la sua pratica alza la
testa perplesso, ha gli occhiali da presbite e non mette a fuoco, ma
istintivamente obbedisce all’ingiunzione e si mette da parte. Il Pazzo parlotta
con l’impiegata e un momento dopo è uscito con la sua donna, con i soldi in
mano. L’impiegata ha ridotto al minimo le formalità, uno sguardo di sfuggita
alla tessera, più che altro per un riflesso condizionato, e le ha contato i
soldi.
La fila
dei servizi postali segue incuriosita, qualcuno se la ride. La fila dei servizi
finanziari mostra vecchietti con lo sguardo sceso. L’anziana signora, quando
arriva il suo turno, non si trattiene dal dire all’impiegata:
-
Potevate fare rispettare la fila, non moriva nessuno.
L’impiegata
taglia corto:
- Meglio
così per tutti.
I Pazzi
danno fastidio a tutti in paese: tagliano l’acqua alle coltivazioni, tagliano
le piante, bruciano le automobili, liberano le pecore negli orti, guidandole
anche per lunghi percorsi - rompono i cancelli, tagliano le reti di recinzione,
per niente, le bestie sono grassissime, gonfiate a mangime, giusto perché
bruchino le piante e gli ortaggi degli altri e ne appestino gli orti con gli
escrementi. Qualcuno è stato condannato, si dice per droga, ma scontano la pena
in casa, ogni tanto la notte una jeep
dei carabinieri passa, si sentono conversare amabilmente, talvolta bevono.
Qualcuno
dice che sono confidenti dei carabinieri.
È così
facile prendere una pensione da giovane?
Il
giorno di Pasqua uno dei Pazzi si fa un garage. Sul terreno comunale. Mette su
alcuni pali, e li ricopre con le plastiche nere dei sacchi della spazzatura. Il
giorno di Ferragosto all’alba ricopre il garage con colpi rabbiosi di martello
sulle lamiere. I Pazzi lavorano tutti i
giorni, solo per le feste comandate hanno tempo per queste occupazioni
succedanee, come farsi un garage al centro del terreno comunale. In una lamiera
riesce a tagliare, con martello e forbici, una finestra: un rettangolo di assi
che apre e chiude, senza tagliarsi le mani, per dare luce al garage.
Per rimuovere lo stazzo e il garage, sindaco e
vicesindaco s’inventano la creazione di un centro sportivo. Per il quale devono
assestare la favelha con eleganti e
costosi muraglioni, aree di parcheggio, pavimentazioni in cotto, luci notturne
più forti che a San Siro. La macchina del vicesindaco viene bucherellata di
pallottole, quando è parcheggiata di notte, è vero, il motorino bruciato. Il
centro sportivo giace inutilizzato, nessuna famiglia ci manda i figli, i ragazzi
se ne guardano.
Questo per un paio d’anni. Poi un altro
accesso è stato aperto, dall’altra lato del campetto, e i ragazzi ci giocano fino a sera
inoltrata. Anche i carabinieri hanno preso a passare, seppure in macchina.
Basta poco.
Questo quando il racconto fu scritto, cinque anni fa. Ora
i Pazzi si vedono poco e il parco automobili si è ridotto. Da quando due anni fa
sono andati sotto tiro. Non più fra di loro ma a opera di qualcun altro. Ne ha
fatto le spese un parente acquisito. Il ragazzo che ogni anno d’estate accoglieva
l’apertura delle finestre controsole nel tardo pomeriggio suonando da lontano la tarantella. Esercitandosi sulla tarantella all’organetto. Di cui aveva
acquisito una discreta padronanza. Aveva suonato alle gare in una delle serate
della quindicina dell’Assunta. E anche in montagna, per una festa mariana che
si vorrebbe impiantare lassù. È lui che è morto. Sparato da non si sa chi. Che
forse voleva uccidere il cognato, uno dei Pazzi.
leuzzi@antiit.eu
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