domenica 16 dicembre 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (155)

Giuseppe Leuzzi

Il mondo è sempre visto da Sud, nella proiezione Mercator. Col Nord incombente cioè.
Prima si guardava, pare, da Est a Ovest.

Taranto Alda Merini, che vi fu in manicomio, e vi divenne “la signora Pierri”, sposata a Michele Pierri, chirurgo e poeta, così la ricorda in una delle ultime pubblicazioni, “Antenate bestie da manicomio” (p. 59): “La città dell’eleganza, del buongusto, dei profumi”.

Battiato è assessore a tempo perso alla Regione Sicilia. Avviando il suo tour invernale dice franco che alla sua Regione “un signore ha rubato 19 milioni di euro dai biglietti dei musei portandoseli a casa”. Che non è possibile, i musei siciliani non fatturano, purtroppo, 19 milioni in un anno. In Sicilia si può dire di tutto? O bisogna stare a Milano, come Battiato, per dirlo?

“Onorate società” di John Dickie è corredato da due serie di foto. Una storica, una contemporanea. La seconda si apre con l’omerica costa di Palmi vista dal Sant’Elia, con le tre croci in primo piano contro il demonio. La didascalia è violentissima: “Gesù Cristo e i ladroni guardano dall’alto uno dei centri nevralgici della ‘ndrangheta. Si vede sullo sfondo Palmi, una delle città dove la mafia calabrese è emersa per la prima volta negli anni Ottanta del’Ottocento. Oltre e sotto Palmi si stende la famigerata Piana di Gioia Tauro”.

La foto sotto ha questa didascalia: “Il santuario della Madonna di Polsi, sull’Aspromonte. Almeno a partire dal 1984, il raduno annuale della ‘ndrangheta coincide con la festa della Madonna della Montagna che si svolge in questo luogo”.
Che storia.

 Autobio
Noi, sia di Paracorio che di Pedavoli, le rivoluzioni le abbiamo soffocate nel sangue. Nel 1799 con il cardinale Ruffo di Scilla siamo andati fino a Napoli a suonargliele, in prima fila. Poi in massa con la guerriglia massista e gli inglesi le suonammo ai francesi di Napoleone. E nel 1947 – il ’48 fu anticipato dalla Calabria, anche se non si dice – “orribilmente” uccidendo, “urbani” e contadini uniti nella lotta, il liberale Gian Domenico Romeo, che era un quasi compaesano, di Santo Stefano in Aspromonte. Poi gli abbiamo dedicato una delle tre strade, con sua grande sorpresa s’immagina.

Siamo vicini, cioè ora mescolati, le due frazioni del paese che erano paesi distinti fino a pochi decenni fa. Ma siamo diversi, le differenze non si cancellano. Non più ricchi, ma non più violenti, sono a Pedavoli, dove si sanno amministrare, per il bene di tutti. Da noi la violenza s’incontra anche in famiglia, tra fratelli, tra padri e figli: l’esercizio della collera prevale sull’opportunità e la convenienza. E un quartiere abbiamo popolato da lazzari, fino a ieri, o zangrei – che è parola greca e significa delle caverne.

I maestri lettori
Mastro Nino, muratore, è ammirato perché in casa ci sono molti libri. “Mi piace leggere”, aggiunge. È emozionato. “Mi piace leggere la storia. Sì, d’inverno, quando non lavoriamo. Ma quando mi capita di stare a casa leggo volentieri, mi piace”.
Anche Leo legge, inesausto chiacchierone, che ora non lavora più e ogni tanto interrompe la giornata casalinga per farsi un giro e importunare qualcuno che lo stia ad ascoltare. Leo si può capire, è stato in carcere, lì la giornata è lunga. Come pure mastro Corrado, uomo di scarse confidenze, che alla fine l’ha confessato, ha confessato il vizio della letura: era un esperto mobiliere, un artista del legno. Ma legge anche Giamba, che è stato postino e poi, o forse anche prima, ciabattino. E leggeva mastro Espedito, mastro non si ricorda di qualcosa, se ha mai lavorato, che portava gli occhiali, che gi davano effettivamente l’aspetto spiritato di chi legge. Leggeva pure uno dei vecchi barbieri, che i libri li comprava. Uno di cui non c’è mai stata l’opportunità di servirsi, ma che una volta era in libreria a Messina a comprare i libri della Bur.

I Pazzi
Un angolo della favelha sotto casa è abitato da decenni da una famiglia prolifica detta i Pazzi. I Pazzi hanno una flottiglia di automobili, alcune nuove, altre seminuove, spesso diverse: attualmente hanno una Cherokee, una Mercedes 280, una Punto, una Micra, una Clio, una Panda primo modello, che usa chi segue le pecore, un vecchio camion con l’incastellatura per il trasporto animali, sempre fermo. Ma non sono zingari. Le loro case sono dette dei Manganeji, piccoli màngani, piccoli fabbri cioè - in toscano fabbricini. Il trattamento dei metalli è stato a lungo mestiere di zingari, i calderai. Ma i Pazzi non sono màngani, il pecoraio fa anzi un formaggio ottimo: abitano case che non erano le loro all’origine. Non si sa da dove vengono. Né hanno un’attività. A giorni alterni fanno pascolare una diecina di pecore attorno alle automobili, spostandole nella valletta da un lato all’altro della loro fila di case: un giorno brucano da un lato, un altro dal lato opposto. Sono quattro nuclei familiari, è la loro unica attività. Che si veda. O no: uno di loro, che ha un assassinio alle spalle, è guardia forestale, spesso ha in comodato il gippone aziendale.
Ogni tanto i Pazzi si sparano. Al quadrivio. Per non passare inosservati?
Un giorno la moglie giovane di uno dei Pazzi vuole prendere la pensione alla posta senza fare la fila. Un’anziana signora le chiede di fare la fila. La donna esce a parlottare col marito. Entrambi rientrano e il marito dice a voce alta:
- Chi ha detto a mia moglie di fare la fila?
- Io – dice l’anziana donna: - Sono vecchia e non posso stare in piedi. Non sapevo che fosse vostra moglie. Ma può fare la fila come la facciamo tutti.
Il Pazzo va allora allo sportello, portandosi per il polso la moglie ragazza:
- Scusate – dice a voce alta. L’utente che sta sbrigando la sua pratica alza la testa perplesso, ha gli occhiali da presbite e non mette a fuoco, ma istintivamente obbedisce all’ingiunzione e si mette da parte. Il Pazzo parlotta con l’impiegata e un momento dopo è uscito con la sua donna, con i soldi in mano. L’impiegata ha ridotto al minimo le formalità, uno sguardo di sfuggita alla tessera, più che altro per un riflesso condizionato, e le ha contato i soldi.
La fila dei servizi postali segue incuriosita, qualcuno se la ride. La fila dei servizi finanziari mostra vecchietti con lo sguardo sceso. L’anziana signora, quando arriva il suo turno, non si trattiene dal dire all’impiegata:
- Potevate fare rispettare la fila, non moriva nessuno.
L’impiegata taglia corto:
- Meglio così per tutti.
I Pazzi danno fastidio a tutti in paese: tagliano l’acqua alle coltivazioni, tagliano le piante, bruciano le automobili, liberano le pecore negli orti, guidandole anche per lunghi percorsi - rompono i cancelli, tagliano le reti di recinzione, per niente, le bestie sono grassissime, gonfiate a mangime, giusto perché bruchino le piante e gli ortaggi degli altri e ne appestino gli orti con gli escrementi. Qualcuno è stato condannato, si dice per droga, ma scontano la pena in casa, ogni tanto la notte una  jeep dei carabinieri passa, si sentono conversare amabilmente, talvolta bevono.
Qualcuno dice che sono confidenti dei carabinieri.
È così facile prendere una pensione da giovane?
Il giorno di Pasqua uno dei Pazzi si fa un garage. Sul terreno comunale. Mette su alcuni pali, e li ricopre con le plastiche nere dei sacchi della spazzatura. Il giorno di Ferragosto all’alba ricopre il garage con colpi rabbiosi di martello sulle lamiere.  I Pazzi lavorano tutti i giorni, solo per le feste comandate hanno tempo per queste occupazioni succedanee, come farsi un garage al centro del terreno comunale. In una lamiera riesce a tagliare, con martello e forbici, una finestra: un rettangolo di assi che apre e chiude, senza tagliarsi le mani, per dare luce al garage.
Per rimuovere lo stazzo e il garage, sindaco e vicesindaco s’inventano la creazione di un centro sportivo. Per il quale devono assestare la favelha con eleganti e costosi muraglioni, aree di parcheggio, pavimentazioni in cotto, luci notturne più forti che a San Siro. La macchina del vicesindaco viene bucherellata di pallottole, quando è parcheggiata di notte, è vero, il motorino bruciato. Il centro sportivo giace inutilizzato, nessuna famiglia ci manda i figli, i ragazzi se ne guardano.
Questo per un paio d’anni. Poi un altro accesso è stato aperto, dall’altra lato del campetto, e i ragazzi ci giocano fino a sera inoltrata. Anche i carabinieri hanno preso a passare, seppure in macchina. Basta poco.
Questo quando il racconto fu scritto, cinque anni fa. Ora i Pazzi si vedono poco e il parco automobili si è ridotto. Da quando due anni fa sono andati sotto tiro. Non più fra di loro ma a opera di qualcun altro. Ne ha fatto le spese un parente acquisito. Il ragazzo che ogni anno d’estate accoglieva l’apertura delle finestre controsole nel tardo pomeriggio suonando da lontano la tarantella. Esercitandosi sulla tarantella all’organetto. Di cui aveva acquisito una discreta padronanza. Aveva suonato alle gare in una delle serate della quindicina dell’Assunta. E anche in montagna, per una festa mariana che si vorrebbe impiantare lassù. È lui che è morto. Sparato da non si sa chi. Che forse voleva uccidere il cognato, uno dei Pazzi.

leuzzi@antiit.eu

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