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venerdì 28 dicembre 2012

Borges scriveva per il cinema

“La corazzata Potëmkin”, che pure è “uno dei migliori film del Soviet”, è tutto qui: “Un incrociatore bombarda a bruciapelo lo stipato porto di Odessa, senz’altra moria che quella di alcuni leoni di marmo. Tale innocua punteria si deve al fatto che è un virtuoso incrociatore massimalista”. Mentre “Billy the Kid” è una delle opere “tanto innecessarie e triviali” del “diseguale regista di opere memorabili” King Vidor. Borges ha delle idiosincrasie. Non gli piace la violenza. Non gli piace neanche “Quarto potere” (“Citizen Kane”), “un film opprimente”. E tutto il Chaplin che gli capita di recensire, “Luci della città”, “La febbre dell’oro”, “Il pellegrino”. Ma non irrita e anzi coinvolge, anche al buio in sala. Andava al cinema con la stessa curiosità con cui leggeva, e per il cinema avrebbe voluto scrivere, breve come diceva lui (“scrive invano soggetti per il cinema”, lamenta in una biografia di poche righe nel 1940) e non come nei romanzi: scene impareggiabili e non architetture fumose. Anche se, confidava a Bioy Casares, “al cinema, siamo lettori di Madame Delly”.
Questa compilazione che bizzarramente non si ripropone è in tutto borgesiana, con “le spalle zenitali di Greta Garbo”, “gli occhi murati di Gandhi”, Orson Welles “non intelligente, geniale”  (“soffre di gigantismo, di pedanteria, di tedio”), o la modernità democratica anti-tirannica di H.G.Wells, “La vita futura”, fatta di scienza, chauffeurs e aviatori, che era il punto di forza dei tiranni dello stesso 1936, i laboratori di Hitler, gli chauffeurs e gli aviatori di Mussolini in Etiopia. Un collage di Borges al cinema, sul cinema – una cinquantina di “recensioni a grappolo” che scrisse per “Sur” dal 1931 al 1945, più brevi testi sparsi – e nel cinema. Borges scrisse molto di cinema, e di più su altre riviste, “Megafono” e un’altra di cui non dà il nome. Cozarinsky raccoglie solo i testi di “Sur”, seguendo la traccia della critica-narrazione in cui Borges eccelleva. Molto borgesiani peraltro gli echi, quasi calchi, di Alain Resnais in “L’anno scorso a Marienbad” (ma Robbe-Grillet, che sceneggiava, conosceva bene il borgesiano “L’invenzione di Morel”) e “L’anatomia di un suicidio”, del1968, come già in un documentario del 1956 per la Bibliothèque Nationale, “Toute la mémoire du monde”, di Rivette, “Parigi ci appartiene”, 1958, e perfino del Rosi di “Cadaveri eccellenti” – meno le citazioni e appropriazioni borgesiane di Godard, con altri autori della nouvelle vague, di Straub, di “Performance”, il film di Roeg con Mick Jagger, e altri.
Nel capitolo finale, “Versioni, perversioni”, il curatore si produce nella temibile impresa di confrontarsi a Borges recensendo sei degli otto film che al 1975 erano stati tratti da suoi racconti e soggetti. Ci sono più invenzioni nelle poche righe, per ogni film, di Borges.
Edgardo Cozarinsky (a cura di), Borges al cinema

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