L’armamento è imponente, ma all’innesco non sembra più
Monti il generale giusto. Di
un’ingenuità evidentemente falsa, se si è giocata la presidenza certa della
Repubblica, onore massimo e duraturo, per fare il capo di Fini e Casini. Ma allora di impudente strategia, invisa ai più. Monti
è l’uomo delle tasse e del declassamento dei molti, cui ha reso il fine mese difficile. Vanta
una credibilità internazionale di cui i più dubitano, per primi gli europeisti.
Non sa parlare politicamente, non è rassicurante. E soprattutto s’indirizza
nello stesso alveo che il suo fronte ha scavato: l’antiberlusconismo. Nel
progetto doveva raccogliere i voti di Berlusconi, al dunque è uno dei tanti che
pescano nell’opinione anti-Berlusconi. Cioè nell’area che il Pd riteneva assicurata – il voto di opinione, che sposta le maggioranze, si stima
sui cinque punti percentuali, tra i due milioni e i due milioni e mezzo di
voti.
Napolitano lo ha denunciato quando se n’è accorto, in
ritardo – il progetto neo guelfo data da almeno un anno e mezzo. La sua
reazione a dispetto un paio di mesi fa conferma che il professore pesca a
sinistra. L’unica area di voto su cui la sua candidatura inciderà, quella
milanese e lombarda, lo vedrà raccogliere i voti passati dai moderati a Pisapia.
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