Brogi è andato al Sud, e ci ha trovato il Sud,
naturalmente. L’impunità. E le chiacchiere – è un effetto dell’isolamento,
girare a vuoto (c’è chi rivendica un orgoglio brigantesco). L’improntitudine
anche – il sindaco di Bari non sa di avere un istituto agricolo di ricerca
leader nel mondo. I pochi barboni dell’Albergheria a Palermo fanno pure a lui
più impressione dei seimila della stazione Termini e di altri centri a Roma
della Caritas. Al Sud tutto concorre.
Soprattutto Brogi vede burocrati. Anche quelli del
separatismo, o della protesta. Cui l’occhio s’inumidisce alla “dismissione” di
Bagnoli, dove s’immaginano che “nel nulla suona l’Internazionale, come un
congedo dalla storia”, nel mentre che lottano – il Sud lotta sempre, più di
tutti - per chiudere Taranto, un bel pezzo di pil. Ma sa vedere come si fa
impresa al Sud, magari tornando da Londra. Come si riesce ad amministrare
malgrado l’isolamento – incontra alcune delle sindachesse calabresi, quasi
tutte sotto scorta. Anzi a figurare tra i migliori al mondo, come il sindaco di
Riace. E come si può fare a Locri una televisione di donne per le donne. Su un
tono ottimista. Lo stesso dell’“Addio Sud” di Eugenio Bennato che Brogi incontra
a Roma: “La storia del presente sta nel suono di un tamburo che scandisce il
futuro differente”.
Una visione, di cui purtroppo non c’è traccia materiale.
Ma è vero che il problema primo del Sud è l’Italia.
Paolo
Brogi, Uomini e donne del Sud, Imprimatur, pp. 218 € 16
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